Osserviamo gli altri intorno a noi quando camminiamo in una strada di città: siamo circondati non tanto da corpi, quanto da volti in continuo movimento. Ci parlano, ci raccontano la loro vita. I volti hanno un’attrazione magnetica verso i nostri occhi, prendere la loro energia, captarla anche se per pochi secondi, ci rende partecipi di un racconto. Un volto una storia, una storia un universo…e così 1000 universi a nostra disposizione. Tuttavia la storia dei volti e della loro rappresentazione, in quanto maschere ha sempre avuto modalità ben strutturate nel nostro mondo…

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Nei ritratti, fino al ‘900, il volto doveva essere riprodotto con la miglior perfezione e fedeltà possibile. Poi a partire dai primi decenni del 20° Sec la strada cambia: il volto non è più realismo della persona, che è al centro del proprio universo percettivo, ma diviene altro, metafora, modello e mezzo interpretativo sia per l’artista che per lo spettatore. Il volto diviene esplicitamente maschera e la maschera ci parla d’altro. Così abbiamo l’Urlo di Munch con tutta la sua angoscia esistenziale, l’Autoritratto di Ensor con l’unico volto umano del pittore su un sottofondo di maschere non solo macabre e grottesche ma anche dalle orbite vuote…chiara critica verso una civiltà deforme e vuota.

O i famosi dipinti surreali di Magritte dove il volto non viene mai contestualizzato, quasi a voler dire che nella dimensione rappresentativa l’essere sfugge ogni definizione e delineamento. In tutti questi nuovi linguaggi, la maschera del volto assume connotati nuovi. Se prima le maschere dei ruoli erano un dato di fatto necessario e imprescindibile, parte stessa della vita sociale, a partire da questo momento storico, dove la stessa realtà viene messa in discussione così come è percepita persino dalla scienza con la relatività e la fisica quantistica, il volto e la maschera divengono oggetto di studio e di analisi non più solo sociale e strumentale, ma anche interiore e personale, un viaggio analitico e riflessivo dell’essere in questa dimensione…

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Il volto diviene quindi specchio dell’anima, più degli occhi stessi. E come tale, il volto, necessita di protezione attraverso una maschera, per proteggere ciò che mostra: l’espressione del viso è dunque il vero mezzo di comunicazione tra l’individuo e il mondo: se però il volto viene coperto, falsato, mascherato, il contatto con la realtà si perde e l’anima rimane dietro e quindi protetta. Abbiamo sempre saputo, fin quasi da bambini, che per vivere bene nel mondo, è importante avere delle maschere di protezione e di convenzione. Queste maschere non solo ci permettono di apparire come gli altri vogliono, come si aspettano che noi dobbiamo essere, come l’etichetta sociale o famigliare impone…

Le maschere sono anche un linguaggio convenzionale tra uomini che appartengono a diversi clan, e che attraverso tali clan, si mostrano al mondo degli altri clan. Il clan dei dark, degli artisti, dei lavoratori in giacca e cravatta, il clan dei solitari, il clan dei contestatori, degli sportivi e così via, ove ognuno può trovare la propria zona di comfort per sentirsi pari fra pari e avere un luogo di protezione dal duro mondo che lo circonda con dinamiche estranee che l’essere a volte non comprende, altre volte finge di non comprendere ed altre ancora non vuole comprendere.

Tutte queste maschere sono l’interfaccia comunicativa e protettiva entro il quale l’essere, caricato il programma del caso, è pronto ad interagire e comportarsi come concordato. Un mondo facile e perfetto, predefinito, codificato, ottimamente strutturato per far si che tutta la comunità, crocevia e incontro tra i vari clan, si possa muovere armonicamente in un sistema di predizione e prevedibilità facile e consueto. Il tutto è rassicurante, ovattatamente semplice, invitante e poco dispendioso.

Nessuna sorpresa, nessun turbamento, nessuna storia da dover scrivere ogni volta. Una certezza, forse alienante o cortocircuitale nel quale a lungo andare l’emozione potrebbe spegnersi interiormente senza quasi neanche rendersene conto. Del resto Persona in latino significa proprio maschera. Ecco quindi anche le maschere di carnevale con la loro tradizione caratteristica simbolica per ogni archetipo umano, ci parlano delle nostre stesse “persone” ridicolizzandole, iperbolizzando i nostri atteggiamenti. O le maschere veneziane che hanno una funzione proprio catalizzatrice: attraverso esse il volto è coperto finalmente, e l’anima protetta è quindi libera di esprimersi senza timori e di mostrarsi per ciò che è e vuole-desidera fare nel mondo materico…

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Ma fino a che punto l’uomo rimane consapevole di tutti questi innumerevoli diversi volti-maschere che indossa ad ogni diversa occasione e circostanza? Fino a che punto l’uomo dopo anni di utilizzo di tali maschere è in grado di dire senza alcun timore: “posso fare senza”? Questa è la domanda da farsi la sera, davanti al proprio specchio…Le maschere sono mezzi, strumenti, stratagemmi sociali, mezzi di sopravvivenza… ma a che costo? Fino a che punto tali maschere ci permettono di vivere, e fino a che punto ci soffocano? E’ questa la domanda.

Può un artifizio di comodo, ucciderci lentamente? Atrofizzare il nostro stato immaginifico e emotivo? Quando indossarla e quando no? Quando essere autentici e quando essere altro da noi? Questa questione ha tante risposte quanti sono i diversi momenti della nostra vita. Si può forse, imparando ad ascoltare il proprio maestro interiore, capire la cosa giusta; forse non è impossibile. I momenti chiave, quelli importanti, nei quali bisogna essere autentici, veri, pronti all’ignoto, bussano alla porta del nostro destino spesso in modo chiaro. Non sentire questo flusso è essere già un po’ morti.

L’uomo vivo interiormente, l’uomo che sente la propria vita chiaramente, capisce quando posare la maschera e tornare ad essere se stesso, perché la situazione è lì, a chiamarti per nome, è li ad emozionarti come prima, è lì a dirti che questa scelta che devi compiere “ora” cambierà il tuo destino. E spesso non serve solo presenza di spirito, lucidità e consapevolezza, questo è il requisito primario ma non sufficiente. Dobbiamo anche essere dotati di forza, forza vitale, richiamo di vita. Perché togliere la maschera e mostrarsi nudi davanti ai venti della vita, alla responsabilità delle proprie decisioni, richiede forza, fiducia, capacità di immergersi nel fiume della vita. E’ spesso questa la sfida più importante da fronteggiare…trovare la forza dentro di noi per aprirci e denudarsi…

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Andiamo un attimo più in profondità. La maschera proteggendoci ci scollega emotivamente e vitalmente dal resto della struttura universale. Taglia le sinapsi, blocca il fluire degli umori. Questa maschera è protezione da una parte ma morte emotiva dall’altra. Ecco perché attardarsi troppo in esse è rischioso per la vita, per la nostra consapevolezza. Non è un male in se, usare le maschere.

E’ un male usarle sempre, nascondersi ininterrottamente. La vita non può essere vissuta proteggendosi sempre, bisogna mettersi in gioco, altrimenti essa muore. E a lungo andare l’essere potrebbe ritrovarsi a vivere in una eterna finzione. Quante persone, nei nostri ricordi di bambini, gioiose e vive per poi rivederle molti anni dopo tramutate in “macchine organiche” che alla fine hanno fagocitato l’essere emotivo stesso? Ricordiamoci, non c’è gioia senza sofferenza, stupore senza noia, desiderio senza rigetto, allegria senza rabbia, questo è il percorso nel nostro mondo materiale.

Non vivere queste emozioni, nelle loro accezioni negative, non ci permetterà quindi di sperimentare e capire in quelle positive quando questi arriveranno. La mancanza del buio non ci farà riconoscere la luce. Una mancanza del rumore non ci dirà quando saremo nel silenzio. La mancanza dell’odore non ci farà percepire la bellezza di una fragranza profumata. Siamo esseri duali, e come tali dobbiamo abbracciare entrambi i lati della vita. Questa è la regola per chi vuole vivere immerso nel mondo e abbracciarlo nella sua totalità, non vi può essere altra via. Saper riconoscere i giusti tempi delle maschere… questa la sfida più sottile quando si maneggiano.

Sa l’essere riconoscere tutte le maschere che indossa? Sa capire quando ne sta usando una, quando è scoperto, quando la cambia in un’altra? Quando le modifica, le riprende, le butta per sempre? Perché se non c’è niente di male nell’usare una maschera quando si interagisce con gli altri, il vero rischio che l’uomo deve evitare è rientrare nel proprio castello la sera, sedersi davanti allo specchio e non vedere che il volto di fronte a sé, è ancora una maschera e non il vero viso. Spesso alcune maschere hanno velate funzioni positive, propedeutiche, necessarie, ma nonostante i buoni propositi, riusciamo a scollegarle quando esse non sono più necessarie? Quando dobbiamo collegarci col nostro seme centrale? Quando dobbiamo ricollegarci alla sorgente? O dimentichiamo? Forse diventiamo pigri?.

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Davanti allo specchio devi vedere il tuo volto nudo, coi suoi difetti, le sue cicatrici, persino le sue bruttezze e umane debolezze. Ma devi vederti… se vuoi essere vivo. Troppi uomini dimenticano questa semplice regola e giorno dopo giorno una maschera li ghermisce, lentamente. Diventano preda, strumento di quella maschera. Senza di essa si sentono vuoti, senza forza, senza uno scopo. La maschera come un acido interiore li corrode, li consuma nella forza vitale. Ecco la vera maschera di cui avere timore, non le centinaia che indossiamo ogni giorno. La maschera interna, quella che si cela alla nostra vista, quella che non vediamo allo specchio.

La maschera che ci dice: “Io sono il tuo volto, sono la tua realtà, i tuoi pensieri, la tua strada”, essa ci porterà alla perdizione. Essa è il peggior nemico, poiché è dentro di noi facendoci credere di essere parte di noi, che lei è noi stessi. La maschera interna ghermendoci ci illude, ci promette serenità, agiatezza, una vita facile e scorrevole. Ci inganna continuamente mostrandoci un essere più bello, più forte, più integrato. Ci mostra un mondo attraverso una lente modificante, distorcendo la realtà per una fruizione all’apparenza più facile. Questa distorsione interiore ci disallinea dai nostri desideri, dalle nostre volontà, dalle reali necessità, ci mostra ciò che è in modo solo apparente, ci preconfeziona il tutto come in un fast food, un cibo dallo stesso sapore in modo veloce e meccanico.

Il “conosci te stesso” delfico è partire innanzitutto dal volersi riconoscere, dal volersi denudare allo specchio: riconoscere il nostro vero volto fra le molte “persone” indossate ogni giorno, in particolare quella interna, questo è il primo passo necessario al Nosce Te Ipsum.

Questo atto di volontà è sempre unito ad una particolare consapevolezza. Ci vuole una forte motivazione per avvicinarsi a questo scomodo altare, nell’oscurità delle nostre stanze interne, ed essere pronti a sacrificare il nostro miglior agnello su questo altare. Senza questo primo passo, incontrare la nostra autenticità nel viaggio dentro il riflesso di quello specchio, è cosa vana, atto incompiuto e sterile. Dopo anni di vita vissuti su una strada, che riconosciamo essere non autentica, riuscire ad ammettere di avere questa maschera interna, riuscire a trovarla, riconoscerla, accettare di dover ricominciare su alcuni aspetti della nostra vita, è puro atto eroico. Questo è il vero atto eroico del “conosci te stesso”.

Questo il vero lavoro sulle maschere e persone che impersonifichiamo. Essere sinceri con noi stessi, riconoscendo di essersi persi, lavorare per toglierle con un lento e costante lavoro, vincere queste sfide interiori ogni giorno, avere il coraggio di guardarsi indietro, riconoscendo gli errori e spesso il tempo trascorso, è l’atto eroico che l’uomo di consapevolezza deve fare per se stesso. E’ questo il vero gesto di forza pura, luminosa per tornare al bambino felice di vivere, all’apertura nel dolce interno. Togliere la maschera interna è ritorno alla vita con tutti i suoi colori, le sue emozioni, le sue sfumature, è il risveglio al flusso incessante dell’universo, tornare a sentire il ritmo della vita che ti pervade, che ti vivifica, che ti porta prima in alto e poi in basso, risentire il cuore pulsare realmente, il suo battito, nel bene e nel male.

Maschere, Persone, Ruoli, Linguaggi… siamo una moltitudine di io, trovare il nostro centro in questo vortice è l’arte del guerriero…