Leggere, ascoltare, chiedersi. Filosofia, mistica, musica, pittura...nello scorrere lento della notte.

Categoria: Simbolo

Articoli sul Simbolo

Splendor Solis 2

Tavola 2

Seconda Tavola: il Filosofo e il suo vetro.


Un Filosofo di esperienza (barba), vestito di una tunica rosso blu, tiene-sostiene con la mano sinistra blu come l’acqua, aspetto passivo mercuriale, il suo pallone, significando che il lavoro si raggiunge con pazienza e perseveranza.

La destra rossa come il fuoco, aspetto attivo di zolfo, punta la suo interno significando la necessaria volontà, attenzione e ricerca attiva.

All’interno, per 1/4 del volume, rapporto classico delle miscele alchemiche, vi è un liquido dorato rappresentante l’elixir. Anche i piedi rappresentano le stesse forze: il sinistro sostiene tutto il corpo mentre il destro da la spinta e la direzione.

In questo modo si forma una croce, nel filosofo, che lo bilancia e lo rende attento sia agli aspetti alti che agli aspetti terreni. Questo bilanciamento si ritrova anche nell’incrocio dei colori della veste tra i 4 arti, chiaramente non casuale.

Il testo sul rotolo nero recita: Andiamo a scoprire i quattro elementi della natura. I piedi poggiano su un prato verde a simboleggiare la materia prima e la natura.

Sulla cornice si trovano gli uccelli del linguaggio dei saggi, diverse piante e 2 cervi.

La tavola ci invita a studiare i 4 elementi entrando e partendo dalla natura, per vedere come essi lavorano alchemicamente nel mondo.

Questo il primo passo dell’alchimista che poi per analogia potrà utilizzare ciò che ha imparato dalla natura, nel suo laboratorio.

Splendor Solis

Un libro di alchimia più famoso per le sue tavole che per il suo testo, sicuramente a ragione. Apparso per la prima volta intorno al 1530 ad Augusta, un città nel sud della Germania, in Baviera. Ve ne è una versione Francese, conservata a Parigi col nome Il Toson d’Oro.

Attribuito a Salomon Trismosin, il cui nome è un richiamo a Re Salomone, il Re “Alchimista” della Bibbia e a Ermete Trismegisto, contiene 22 figure di grande qualità sia artistica che simbolica.

Si dice che questo Maestro sia stato il Maestro d’Arte di Paracelso.

Le tavole sono d’autore ignoto anche se il maggior indiziato è il famoso Albrecht Durer probabilmente il più grande pittore rinascimentale tedesco, con frequentazioni neoplatoniche il cui quadro più famoso è Melanconia del 1514 pieno di riferimenti simbolici ermetici.

Melencolia I (B. 74; M., HOLL. 75) *engraving *24 x 18.8 cm *1514

Il testo non può essere considerato un commentario delle tavole, alcuni simboli delle tavole non sono nemmeno nominati nel testo, anzi probabilmente testo e tavole hanno 2 genesi diverse.

Le 22 tavole sono divise in 4 parti, ed ognuna tratta della Grande Opera da prospettive diverse.

1: quattro ne descrivono i principi base.

2: sette trattano delle operazioni in sequenza.

3: sette parlano dei pianeti alchemici.

4: quattro spiegano i 4 stadi della produzione della Pietra.

All’inizio la Materia Prima viene detta Terra ma nella parte finale essa diviene Pietra dando ben chiara l’idea della raffinazione e sublimazione del lavoro alchemico.
Lo studio delle tavole nel proprio laboratorio interiore è di grande ispirazione per l’Alchimista in grado di usare l’Intelligenza del Cuore, a condizione che si sia già ad un buon livello nello studio alchemico.

8. 𝑺𝒊𝒎𝒃𝒐𝒍𝒐 – 𝑨𝒗𝒗𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒓𝒔𝒊 𝒂𝒍 𝑺𝒊𝒎𝒃𝒐𝒍𝒐

Il Simbolo è Linguaggio universale, un percorso di Conoscenza, una forma di ingresso al mondo del Sacro, un semplice vettore estetico, un catalizzatore nella ricerca introspettiva e infine una curiosità intellettuale.
In tutte queste varie forme il Simbolo è uno strumento per l’uomo che vuole compiere un passo al di là del consueto vivere ordinario. In tutte queste declinazioni il simbolo diviene mezzo per entrare in un mondo particolare, non per tutti, e la cui scoperta è materia poco dibattuta se non tra pochi intimi.
Molte persone, credo più di quanto si pensi, sono attratte dal Simbolo in forma autentica, animica. Arrivo a dire che probabilmente, di tutti i magneti esoterici, il simbolo è probabilmente quello più attivante sulle persone.
Quando le scuole misteriche hanno la dovuta attenzione su questo aspetto nella loro fase introduttiva del postulante, possono, tramite il simbolo, iniziare molti più ricercatori di quanto succede generalmente. Ma questo non succede sempre…anzi.
Vi sono 2 problemi di base.
Innanzitutto l’attenzione sul simbolo da parte delle Scuole è alta in senso relativo ma non in quello assoluto che è invece il più importante. Spiego meglio: Il simbolo non ha spesso la dovuta importanza in sé come corpo di gnosi e strumento di sviluppo della consapevolezza personale. Esso è spesso più che altro asservito al sistema ontologico della Scuola stessa, come un accessorio strumentale, pur sempre nella sfera operativa, ma non come gioiello di Luce in sé a prescindere dalla Scuola, depauperandone quindi il contenuto profondo che tale Linguaggio ha invece in senso assoluto, come mezzo per arrivare alla Conoscenza sapienziale. Questo mortifica l’attrazione naturale che le persone nutrono in forma intuitiva verso il simbolo quando cominciano il loro percorso misterico.
Il secondo aspetto è che l’uomo è attratto atavicamente dal simbolo, ma tale attrazione è spesso di moto istintivo-arcaico, poco definito se non addirittura inconscio. Il simbolo affascina gli amanti della forma e dell’estetica, gli studiosi delle tradizioni dei diversi popoli e gli storici, similmente affascina i cultori del linguaggio come oggetto di studio…Vi sono diversi sentieri attraverso i quali l’uomo perviene al Simbolo, ma senza un minimo di preparazione preliminare, questa forma di comunicazione Universale, rimane indefinita, sfuggente, lontana nei suoi nuclei centrali dal mondo profano che è spesso l’unico metro di relazione e di giudizio. Le persone non hanno spesso quindi la sapienza e la tecnica minima preliminare per entrare in questo ambito in solitudine nei primi momenti di relazione con tale argomento. Questo non solo scoraggia ma rende tale strada troppo buia e indefinita e porta quindi spesso ad abbandonare il cammino dopo i primi timidi tentativi.

𝐂𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐦𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐬𝐢𝐦𝐛𝐨𝐥𝐢𝐜𝐨

A questi 2 aspetti dobbiamo aggiungere anche l’approccio odierno di derivazione illuministico-positivista occidentale verso la conoscenza che tende indissolubilmente a relegare qualsiasi forma di conoscenza come uno studio analitico-sintetico di tipo puramente razionale dell’oggetto. Questo approccio può infatti essere adottato benissimo e facilmente anche con le classi simboliche, che da questo punto di vista, si prestano sia alla comparazione analitica, ad esempio con i diversi simboli ritrovati nelle diverse parti del mondo con gli stessi significati, sia alla sintesi funzionale, ad esempio certi simboli si riuniscono in determinate classi come applicazioni operative. Ma fermarsi a questo livello, e continuare ad approfondire solo questo aspetto, uccide il simbolo come significante, poiché sappiamo che il Simbolo è animale vivo e cangiante e, soprattutto in ambito Sacro, il significato sotteso è spesso contenente non solo diversi e ampi livelli di contenuto, soprattutto nella sfera soggettiva dove viene adattata dal sistema cognitivo personale, ma spesso tali contenuti sono anche portatori di spazi ontologici opposti (e quindi dialettici) fra di loro.
L’approccio quindi razionale nozionistico non è un male in sé ma deve essere principalmente introduttivo e non ritenuto il cuore della questione simbolica.
Da questo punto di vista, i libri divulgativi sui simboli e i dizionari simbolici (cioè quei testi che trattano di più simboli possibili dandone origini, storia, presunto significato e possibili applicazioni) dovrebbero avere essenzialmente 3 funzioni:
1) Essere usati con parsimonia come tramite introduttivo nei primi passi in questo mondo, ma senza attardarvisi troppo, proprio per non “uccidere” troppo il potere simbolico
2) Essere usati da coloro che hanno una semplice pulsione nozionistica-intellettuale o al massimo puramente estetica verso i simboli e non sono quindi interessati alla loro valenza pratico-operativa.
3) Essere usati solo dopo il lavoro di “laboratorio” giusto per verificare o confermare che il proprio operare con il simbolo trova riscontro nel mondo esterno e storico e per verificare altri potenziali utilizzi supplementari che durante il lavoro non si sono scorti.
Questi 3 punti sono tutti importanti e utili. Per ogni ricercatore è necessario capire, in funzione del suo sentire e volontà di percorso nella simbologia cosa sia meglio fare e questa introspezione dovrebbe essere fatta prima di mettersi in viaggio al fine di non confondersi durante l’attraversata della foresta simbolica.
A tal proposito il terzo punto è quello che fa un utilizzo più sapienziale dei libri simbolici, è quindi importante in questo caso studiare con attenzione la vita e le opere dell’autore per capire se il libro in questione ha valenze non solo nozionistiche profane, ma è anche contenitore di informazioni profonde e tradizionali dei simboli stessi. Diversi studiosi di simbologia sono provenienti da scuole puramente filosofiche profane e ricavare da tali autori informazioni utili per i “laboratori” potrebbe essere oltre che praticamente infruttuoso, a volte anche fuorviante.
Possiamo infine dire che se i libri giusti possono sicuramente aiutare nel mondo simbolico, è altresì importante dire che per alcun persone non sono necessari né obbligatori.
Il Simbolo è infatti un Linguaggio universale, già presente in noi, e può essere risvegliato e riattivato anche attraverso vie non necessariamente razionali-logiche come la lettura dei libri. Alcune persone particolarmente dotate verso gli aspetti pratici della sfera Sacra o naturalmente capaci di entrare empaticamente in sintonia con gli strumenti che la natura ci mette a disposizione non necessitano infatti di questo passaggio, anzi, spesso questo approccio potrebbe rallentarli, confonderli o minarne la naturale predisposizione.
Capita di trovare persone con grandi doti naturali di operatività simboliche che si sentono, purtroppo, in dovere di studiarli prima sui testi, solo perché la loro educazione scolastica ha insegnato (forse sarebbe meglio dire inculcato) loro che questo è l’unico mezzo per avvicinarsi in modo serio ad una materia.
Capita a volte, parlando con alcune persone, che si ritengano ignoranti di simbologia e poi approfondendo il discorso soprattutto sentendo le loro esperienze, diviene chiaro come invece, pur avendo una conoscenza razionale-nozionistica grezza del mondo simbolico, lo utilizzino già in modo naturale-intuitivo con risultati e risvolti che a volte le persone normali non raggiungono neanche dopo diversi anni. In questi casi, fermarsi per razionalizzarli potrebbe essere dannoso e controproducente, e comunque dovrebbe essere fatto sempre in parallelo al loro utilizzo senza fermare la propria naturale affinità operativa. Questo perché la macchina operativa, che è e rimane la più importante, è già partita spontaneamente come un autodidatta che impara a suonare il suo strumento da solo senza alcuna lezione: spostarsi in modo forte sul lato razionale potrebbe togliere il magnetismo naturale già attivato e funzionale.

𝐓𝐚𝐭𝐮𝐚𝐠𝐠𝐢

Un modo per approcciarsi e comprendere l’uso operativo sia esoterico che essoterico dei simboli è l’osservazione del loro utilizzo sul corpo, i tatuaggi. Questo è non solo un argomento interessante nella chiave di comprensione del potere simbolico, ma anche poco focalizzato nelle discussioni sui simboli sia in ambito profano che, soprattutto negli studi del Sacro. Tale tecnica, che è antica e presente in tutto il mondo, lega in modo inscindibile il simbolo con il proprio corpo. Nel tatuaggio, il ricercatore ai primi passi in questo mondo, troverà tutte le leggi e le applicazioni nel rapporto uomo-simbolo. È questo infatti un aspetto operativo sacro particolare dell’uso del simbolo, di origine arcaica e pagana, le 3 religioni monoteiste occidentali condannano tutte apertamente l’uso del tatuaggio.

In tale percorso l’unione del simbolo col proprio “io corporeo” permette ai praticanti un rapporto non solo continuo ma profondo e magico. Il tatuaggio è un linguaggio particolare nel mondo simbolico, spesso non del tutto compreso nella sua duplice valenza a livello conscio-inconscio. La continua vista e il movimento del simbolo nonché la consapevolezza che faccia parte del proprio corpo, attiva in modo profondo l’energia simbolica e col tempo il rapporto persona-simbolo diventa non solo molto comunicativo ma anche foriero di una serie di Energie che sono particolari di questo utilizzo in chiave così intima. In questo utilizzo, il simbolo è vettore di diverse finalità, da quello di status sociale, a quello rituale, a quello terapeutico; nei tempi antichi, era soprattutto fatto per attività magico-divinatorie, per aiutare i guerrieri in guerra, per mostrare le persone altolocate; in questo il simbolo era ambivalente: linguaggio tra la persona e il simbolo stesso ma anche funzione sociale delineante alcune caratteristiche particolari della persona all’interno di un gruppo.

Il messaggio implicito era inoltre una demarcazione del simbolo stesso come mezzo da utilizzarsi per solo una classe di persone ben precisa: averlo sul proprio corpo significa infatti una scelta di vita e questo demarca il simbolo con un chiaro messaggio di appartenenza. È ovvio che tutto questo terreno sociale-di vita del tatuaggio deve la sua base ad una conoscenza profonda primordiale e sacra del simbolo e del suo linguaggio attivo intrinseco. Ed è quindi evidente come il tatuaggio sia, fin nelle sue radici, un momento sacro anche per chi non ne è consapevole (ultimamente infatti è spesso erroneamente associato al solo aspetto estetico o celebrativo), dato che mostra un avvicinarsi al mondo simbolico mostrando la volontà di entrare in contatto materiale-intimo con queste energie sottese. Molte persone utilizzano il tatuaggio come percorso mistico interiore, e il farsi sempre più tatuaggi è un avvicinamento al proprio Sanctum Sanctorum, con l’aumentare dei tatuaggi sul corpo il confine tra uomo di corpo e uomo simbolico diventa sempre meno chiaro e definito.

Nei casi estremi, quando tutto il corpo è ricoperto di tatuaggi, il corpo è, per la persona, lo stesso tempio sacro dove i simboli si corporificano e divengono realtà prima per l’anima che vi dimora…un linguaggio che solo gli adepti di questo utilizzo possono comprendere e percepire nel suo significato più operativo.
Chiedere a chi ha tatuaggi il loro risvolto pratico sulla persona stessa è indicativo e spesso vi sentirete rispondere che la persona ha intenzione di farne altri in altre parti del corpo; tramite i confronti con queste persone, ovviamente quelle consapevoli di questo percorso iniziatico, avremo la conferma del potere pratico di questo linguaggio, dato che l’uomo tatuato è utilizzatore non solo continuo ma soprattutto di profondità del potere simbolico.

𝐏𝐫𝐢𝐦𝐢 𝐩𝐚𝐬𝐬𝐢 𝐧𝐞𝐥𝐥’𝐮𝐭𝐢𝐥𝐢𝐳𝐳𝐨 𝐩𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐨

Questo è forse l’argomento più delicato ma anche il più importante nell’approcciarsi al simbolo quando se ne vuole capire ed utilizzare il potere magico-evocatore, soprattutto come mezzo di sviluppo personale ed interiore.
È importante innanzitutto chiarire la finalità che si vuole perseguire nell’utilizzo simbolico. Le applicazioni sono infatti le più disparate e il simbolo come canale archetipale ci mette in contatto con tali energie. L’utilizzo di queste energie deve quindi essere ben chiaro e preciso fin dall’inizio del laboratorio, per evitare risultati imprevisti e fuorvianti.
Ad esclusione della teurgia che ha delle pratiche ben codificate e spesso la riuscita del rito simbolico è legato anche alla precisione dell’esecuzione dello stesso, per i restanti campi spesso l’utilizzo operativo del simbolo ha diverse modalità ed ogni praticante ha affinità e predisposizioni che ne rendono l’attivazione leggermente differente da altri.
Innanzitutto va detto che il simbolo non deve essere visto come un oggetto intoccabile e da porre sull’altare in modo distaccato. Tutt’altro, il simbolo ama essere maneggiato, creato in diversi modi, rielaborato, tenuto vicino a sé, e persino dove lecito, modificato e evoluto nell’andare del tempo.
Questo perché il simbolo è non solo un’energia viva, attiva e attivante, ma è anche dotato di intelligenze e personalità proprie. E se il distanziarlo e trattarlo con troppa riverenza lo mortifica e depaupera del suo potere catartico, il viverlo “totalmente” e continuamente lo richiama, nella sua forma sottile, e aiuta a stabilire un rapporto comunicativo sottile con esso. Per totalmente si intende su tutti i piani: fisico, intellettuale, emotivo, inconscio e animico.
Ecco quindi che disegnarlo o visualizzarlo più volte, in diversi momenti e con modalità diverse permette di entrare in contatto con l’energia sottostante. Il disegno simbolico non deve essere né troppo grezzo né troppo preciso. Come quando si scrive a mano libera, il simbolo deve essere ben fatto ma non perfetto. La Matrice Divina è infatti richiamata dalle differenze di ogni ente e disegnare il simbolo lasciando il giusto spazio alla propria impronta personale permette di creare quel ponte tra l’archetipo del simbolo e la propria personalità.
Il simbolo andrebbe non solo creato nella sua interezza, ma andrebbe anche scomposto nelle sue componenti per cercare di decifrarne, in modo intuitivo, il discorso complessivo. È utile capire se i vari componenti risultano più attivati disegnandoli secondo una particolare sequenza piuttosto che un’altra, se le linee orizzontali devono essere fatte da sinistra a destra o viceversa, se quelle verticali dall’alto in basso o viceversa, se i cerchi e le spirali in senso orario o antiorario. Mentre si lavora su questi aspetti si deve sentire come il disegno simbolico risponde, si deve chiedere, e si deve entrare in ascolto.
I simboli amano inoltre essere combinati in sovrapposizione spaziale e ripetuti di fianco. Disegnare lo stesso simbolo più volte con punti di contatto, richiama maggiormente l’energia, in modo analogo alla ripetizione dei mantra o delle preghiere. In questo lavoro ripetitivo, il simbolo in ogni sua singolarità deve essere sempre leggermente diverso dagli altri, poiché, come abbiamo già detto, la Matrice Divina riconosce e si concentra sulle differenze mentre tende ad allontanarsi dalle forme esatte e perfette poiché ritenute non naturali e quindi non parlanti. La ripetizione è un metodo riconosciuto per stabilire velocemente un contatto con il lato ultraterreno poiché nella ripetizione la coscienza si sposta naturalmente dalla sfera razionale-logica a quella più inconscia-intuitiva.
Il simbolo è spesso visto come una forma piana che si sviluppa su un piano. È importante non dimenticare che i simboli rappresentati sul piano possono essere facilmente (e spesso lo sono) proiezioni di figure più complesse, tridimensionali. Si può cercare di immaginarli nella loro forma spaziale, percepirne le sagome, gli spigoli, le altezze. Quando l’immaginazione si è focalizzata su una forma può essere utile costruirla, con un minimo di ingegno, materialmente con i materiali che troviamo più affini.
I simboli possono essere dinamici sul piano e sullo spazio, riuscire a vederli mentre roteano, si muovono e si modificano è un altro modo per entrare in comunione con loro. Da questo punto di vista alcuni simboli già mostrano chiaramente una loro volontà di movimento, e tale volontà deve essere realizzata e valorizzata. È il classico caso della svastica. Ecco quindi, che, rifacendoci a quanto detto, disegnare più svastiche vicine, a contatto, con una leggera inclinazione di ognuna rispetto alla precedente permetterà al nostro Io di attivare questa sua proprietà.
Il tipo di colore usato ha una sua specifica influenza. Non solo nel colore in sé ma anche nel materiale vettore del colore stesso. Si possono usare matite, pennarelli ma anche inchiostri particolari o sostanze vegetali o animali. Ognuna di queste materie attiva certi aspetti del simbolo e soprattutto ci mette in contatto con essi. E così il colore ha importanza non solo come simbolo in sé ma lo è con i materiali di supporto della tinta, si lavora così su una classe simbolica in sé dentro un’altra classe simbolica dando luogo a linguaggi simbolici a più livelli. Questo nuovamente è dovuto alla personalità intrinseca del simbolo che è dotata di intelligenza propria e risponde in modo diverso a seconda di come lo evochiamo.
Dal punto di vista materiale, la creazione del simbolo può avvenire su diversi substrati e il simbolo può essere reso operativo in diversi contesti, a partire dalla natura che è in genere un ambiente ideale nell’attivazione dei simboli sacri. Provare diversi supporti al simbolo e operarne in diversi contesti potrebbe portare a diverse percezioni. Il percorso consapevole sull’utilizzo dei materiali e dei luoghi è parte importante dell’uso operativo simbolico.
Con la giusta perseveranza e pratica nel tempo si arriverà a sentire intuitivamente, una volta che si avrà davanti un simbolo, come esso vada creato, modificato, operato. Se spesso all’inizio questa parte sembra un oceano oscuro, col tempo e con il corretto impegno le nubi si diraderanno e le sensibilità affineranno.

𝐀𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐒𝐭𝐮𝐝𝐢𝐨 𝐏𝐫𝐞𝐥𝐢𝐦𝐢𝐧𝐚𝐫𝐢

Lo studio della Geometria Sacra è materia propedeutica essenziale e imprescindibile per entrare nel regno simbolico dalla porta principale. Un vero ricercatore simbolico non può considerarsi tale fino a quando non ha compreso gli aspetti chiave di tale materia, dato che avvicinarsi ai simboli senza avere una chiara comprensione della Geometria Sacra non permetterà di afferrare mai completamente e in profondità quello che si sta facendo e la sua funzione pratica. La Geometria Sacra è un argomento sottovalutato in questo periodo storico, quasi dormiente, ma l’attento ricercatore ne troverà naturalmente la valenza basilare nello studio di alcune tematiche in campo mistico. Un intero capitolo, il secondo (2. Simboli e Geometria Sacra) è stato dedicato a questo aspetto ed è quindi inutile qui ritrattare l’argomento.
Un’altra tecnica introduttiva è studiare il simbolo nelle sue componenti numeriche, a patto di avere ben chiari i significati archetipali dei numeri e la numerologia in generale.

Ogni componente del simbolo è infatti vettore di un numero ben preciso e la visione di questi numeri nel loro insieme è esplicativa delle potenze simboliche. Una parte triangolare ci richiama il 3, una croce o un parallelepipedo il 4, una stella pentacolare il 5 e così via. Un cerchio o una figura curva numericamente ci richiama all’infinito o al 9 o al 10 o allo 0. Capire perché in quel punto del simbolo vi sia quella forma e tradurla nel numero sottostante ci dà altre informazioni importanti dato che ogni numero è potenza archetipale in sé. Un esempio esplicativo di tale approccio è la Monade Geroglifica di Dee.
È importante non dimenticare, nella chiave numerica del simbolo, che anche la sezione aurea (φ un numero irrazionale dalle proprietà uniche) è spesso presente tramite alcune figure geometriche, soprattutto di classe 5 e nelle spirali. La sezione aurea è un tema base della geometria sacra e tale argomento richiederebbe una trattazione articolata in sé. Possiamo accennare che la φ è legata allo sviluppo armonico di una creazione da un centro fino alla sua forma completa finale. Riconoscere la φ nei simboli, quando presente, è una chiave importante nella comprensione dello stesso sia da un punto di vista numerologico sia della geometria sacra. In questo sta il potere e la valenza della sezione aurea: essa è un ponte tra il numero (l’idea) e la geometria (la materia).

In questo ottavo momento sul Simbolo speriamo di avere dato un’introduzione alla comprensione e alle diverse modalità di studio e operative del simbolo. Il momento introduttivo al simbolo è un argomento spesso non sufficientemente focalizzato, ma tanto vasto quanto fondamentale, sia per non perdersi che per non perdere l’interesse iniziale. Poter capire la propria collocazione in questo universo energetico-archetipale è non facile soprattutto quando l’iniziando è solo nei suoi primi passi. Auguro a tutti voi un fruttuoso percorso simbolico e una affascinante scoperta in questo paesaggio vivo e magico. 

7. 𝑼𝒕𝒊𝒍𝒊𝒛𝒛𝒐 𝑷𝒓𝒂𝒕𝒊𝒄𝒐 𝑶𝒑𝒆𝒓𝒂𝒕𝒊𝒗𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝑺𝒊𝒎𝒃𝒐𝒍𝒐

I Simboli sono un canale per accedere ad una conoscenza diretta che non appare a prima vista, spesso una conoscenza nascosta svelabile solo a chi possiede la giusta chiave.
Essi sono un tramite ideale inoltre per sviluppare una particolare intelligenza che meglio si adatta alla comprensione delle leggi della natura e dell’universo.

La ragione è un grande strumento e permette all’uomo prodigi incredibili nel mondo concreto, ma non è la verità in senso filosofico, ne mostra infatti solo una parte. Ecco che il simbolo ci aiuta a sviluppare l’altra parte in modo complementare e ad armonizzare la nostra intelligenza e percezione per avvicinarci in modo completo alla verità totale del nostro essere e della natura che ci sostiene.
Questo argomento, che abbiamo già trattato nei precedenti appunti, è l’aspetto pratico più importante nell’utilizzo del simbolo ed è per questo che il simbolo è studiato in modo predominante nelle scuole dei misteri e della conoscenza esoterica.

Tuttavia sarebbe riduttivo voler dare al Simbolo solo questa funzione di accesso alla conoscenza.
Il simbolo è uno strumento pratico in tante altre valenze e sfumature, a partire dal mondo profano dove il simbolo è usato largamente, in contesti dove spesso lo diamo per scontato e quindi non ci rendiamo neanche conto del suo utilizzo così esteso e fondamentale.

𝐒𝐢𝐦𝐛𝐨𝐥𝐨 𝐞 𝐚𝐩𝐩𝐥𝐢𝐜𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐚𝐧𝐞 𝐩𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞

Innanzitutto il simbolo è strumento di convenzione nel linguaggio partendo dalle lettere che sono espresse visivamente con dei simboli: la A in quanto disegno è un simbolo del fonema A, cosa che si studia da bambini, e quindi si dimentica di come tutta la scrittura sia ampiamente simbolica. Ne è la prova che alcune scritture simboliche, tipo i geroglifici egiziani, ma non solo, oltre a richiamare delle classi fonetiche, avevano nei loro segni delle forme, figure e rappresentazioni afferenti a dei concetti o addirittura piante o animali che sottintendevano, oltre al fonema, un archetipo o una forza o un’idea ben precisa. È noto come gli scribi egizi fossero una classe privilegiata e che solo i sacerdoti potessero interpretare i testi misterici, proprio perché l’interpretazione simbolica era molteplice, ossia su più livelli. «Sii un artista della parola, sicché tu sia potente. La lingua è la spada dell’uomo» recita un detto Egizio.
I simboli ci informano e ci guidano, coi numeri, indicazioni stradali, frecce, aree, linee… molto nel modo profano è simbolo, ma ne siamo così sommersi che non li riconosciamo per ciò che sono simboli.

Il telecomando è un mappario simbolico che ci permette di comandare la televisione. Il cruscotto ci simboleggia lo stato della macchina. Una mappa geografica o stellare, un’equazione matematica sulla lavagna, un disegno tecnico su un foglio, una funzione logaritmica su un display, una tabella di dati… tutto nel mondo umano, quando si ha che fare con la conoscenza, è nella maggior parte processo cognitivo di astrazione fruito attraverso i simboli. E qui, in questo contesto, stiamo parlando di fruizione immediata, diretta, condivisa e univocamente chiara. Questo è un presupposto necessario per un linguaggio efficace. E i simboli si prestano perfettamente a questo.
Ecco che chiunque sia veramente interessato all’aspetto cognitivo dell’essere umano nella sua dimensione più profonda, non può evitare di affrontare questo argomento.

𝐒𝐢𝐦𝐛𝐨𝐥𝐨 𝐞 𝐚𝐩𝐩𝐥𝐢𝐜𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐨-𝐩𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞

Vediamo ora delle applicazioni più “nascoste”, meno appariscenti e chiare, ma non per questo meno importanti o chiare.

Il simbolo è anche criterio di demarcazione territoriale sottintendendo la padronanza del luogo all’egregore a cui si richiama.
Il Crocifisso nel mondo cristiano ne è un chiaro esempio, così come la mezza luna in quello musulmano.
Ma se la croce è facilmente codificata come demarcatore simbolico nel contesto del tempio (la chiesa), lo è meno chiaramente in altri contesti. Ad esempio nelle aule di scuola. Il crocifisso appeso spesso dietro la parete del professore o del maestro in un’aula parla chiaramente. Sta demarcando quella stanza in modo chiaro. Dice che il momento dell’apprendimento segue una via di tradizione cristiana. Ecco perché in questi anni questo oggetto appeso sulla parete più in vista dell’aula è fonte di dibattito. E’ nel suo potere marcante territoriale.
La stessa cosa per le bandiere che devono essere poste in alto. Anche questo è un forte linguaggio simbolico. Ne siamo così assuefatti che quasi non ne abbiamo consapevolezza. Il simbolo della bandiera in alto significa predominanza territoriale e di comando, la vicinanza al cielo indica potere e superiorità. Lo stato, nella bandiera, si proclama superiore al singolo e con il potere massimo.

Tutti i simboli in politica hanno un fortissimo aspetto sia di potere sia identificativo, ma anche fortemente emotivo e di egregore: bolscevichi in Russia, fascisti in Italia (il cui nome si rifà proprio ad un simbolo) e nazisti in Germania hanno fatto un chiaro e strumentale uso di simboli persino nelle loro uniformi, come una componente di aggregazione emotiva e fortemente ideologica dove il singolo uomo si uniformava in modo più immediato, quasi catartico con la volontà del gruppo. Il simbolo in questo è sempre stato strumento catalizzatore e facilitatore e i leader politici hanno sempre intuitivamente o tramite lo studio, saputo questo versante del potere simbolico e di come trarne beneficio usandolo per indirizzare le persone senza una forte consapevolezza critica verso le loro proposte o ideologie.


Una volta che avviene “l’aggancio emotivo”, magari in adolescenza dove il magnetismo ricettivo è forte ma poco discernente, la persona ne può rimanere “vittima” inconscia per il resto della vita. Ecco spiegate alcune scelte che si procrastinano spesso fino alla fine della propria avventura terrena senza una apparente logica. Il simbolo richiama ineluttabilmente e magneticamente uno stato passato felice, e la persona ne fruisce a puro livello emotivo disinteressandosi delle ripercussioni nelle altre sfere della vita.

Sotto quest’aspetto il Simbolo è uno strumento di potere che in alcuni momenti della storia ha determinato l’andamento delle cose.

Ecco un classico esempio: durante la rivoluzione francese, il tricolore blu-bianco-rosso venne inventato per sostituire simbolicamente la bandiera bianca dei reali ed esso nei contenuti simbolici era chiaramente in contrapposizione alla bandiera dei Borboni. Con la presa della Bastiglia (impresa anch’essa ad alto valore simbolico, poiché la sua funzione reale, la liberazione di pochi prigionieri, era ovviamente trascurabile), il tricolore divenne il simbolo della prima Repubblica. Ma subito dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo, il tricolore venne risostituito dalla bandiera bianca reale in tutta la Francia. 15 anni dopo, con la Rivoluzione del 1830, ritroviamo il tricolore che si impone definitivamente. Simbolicamente questi cambiamenti di bandiera per le strade e nei punti più alti degli edifici, per la popolazione francese, avevano implicazioni emotive di enorme rilevanza, che costituivano una componente essenziale della lotta politica stessa. Quando nel 28 luglio 1830 venne portato il tricolore in cima alle torri di Notre-Dame e dell’Hotel-de-Ville a Parigi, con l’esito della battaglia ancora incerto, la vista di questi simboli contribuì a risospingere il popolo nella lotta con rinnovato ardore.

Da queste vicende si vede come nei simboli sociali e politici esistono 2 poli semantici, uno ideologico e l’altro sensoriale: il simbolo evoca determinate visioni del mondo, certe idee relative alle entità sociali, alla storia, ai sistemi normativi e ai diritti dell’uomo, ma nello stesso tempo suscita anche particolari stati emotivi collegati ad essi e la cosa determina una pulsione motrice nell’animo umano che lo porta a rispondere in modo quasi inconscio alla stimolazione sensoriale del simbolo in certi contesti ed in certi momenti critici.
È ora chiaro che le bandiere, le figure eroiche (come la Marianne), le uniformi, le musiche e tutto quanto può essere utilizzato di scenico è funzione chiara del potere simbolico. Esso viene utilizzato per portare gli uomini nella sfera emotiva atta a farli agire come loro credono necessario, ma in tutto questo il processo è falsamente razionale, ma puramente emotivo e associativo.

𝐒𝐢𝐦𝐛𝐨𝐥𝐨 𝐞 𝐚𝐩𝐩𝐥𝐢𝐜𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐥𝐮𝐝𝐢𝐜𝐡𝐞

Come stiamo vedendo il simbolo apre porte emotive in modo automatico attraverso il processo di associazione e questo è usato non solo in campo politico ma anche in campo ludico e in campo artistico.

Il 𝑝𝑎𝑛𝑒𝑚 𝑒𝑡 𝑐𝑖𝑟𝑐𝑒𝑛𝑠𝑒𝑠 di romana memoria è giunto a noi in forme più attuali con una rappresentazione scenico-simbolica che ha le stesse finalità se non addirittura maggiori di quei tempi.
Le squadre che si affrontano in uno stadio simboleggiano gli eroi della propria città che affrontano, sul campo di battaglia, gli eroi delle altre città come fecero Achille ed Ettore nella guerra di Troia. Le divise sportive sono le uniformi delle battaglie. Gli arbitri rappresentano la volontà giuridica che governa il campo di battaglia. E in questo contesto ritroviamo la simbologia primitiva e più diretta del popolo, una rappresentazione scenico-simbolica per ricollegarsi alla propria tradizione arcaica di guerre e battaglie con i popoli vicini. È per questo che le partite sportive più sentite sono sempre con le squadre delle città vicine: perché lo scontro bruto avviene sempre innanzitutto con le popolazioni limitrofe.
Ecco che il simbolo non è solo il semplice segno od oggetto, il simbolo è anche la rappresentazione scenico-simbolica. Questo lato del simbolico è parimente potente e catalizzatore di certe emotività che l’uomo deve vivere in modo collettivo fin dai tempi più remoti. Queste rappresentazioni simboliche, si rivestono di nuovi abiti, parlano nuove lingue col passare dei tempi, ma nei loro contenuti essenziali, sono linguaggio simbolico arcaico profondo e continuo e proprio per questo, necessario e potentissimo.

Un argomento interessante sul versante ludico simbolico sono sicuramente i giochi delle carte e gli scacchi. Ma in realtà ogni gioco è simbolo e rappresentazione di altro. Attraverso il gioco, il bimbo viene iniziato al mondo, ne carpisce le regole e le modalità. Nel gioco si sperimentano nuove situazioni, nuove modalità, nuovi principi. Il gioco è come un rito iniziatore magico e rappresentativo del mondo reale.

Negli scacchi la simbologia è potente e ci insegna dell’eterna lotta ed equilibrio tra le forze della notte e del giorno. Un signore della notte, con le sue forze archetipali contro un signore del giorno con le stesse forze a disposizione. E nel gioco vince il signore che, non con la forza bruta, bensì con l’intelletto è in grado di usare le proprie forze nel modo più armonico (la capacità posizionale), nel modo più volitivo (l’atto strategico) e nel modo più profondo (la capacità di analisi tattica). Ecco che il gioco è strumento di apprendimento e di esperienza. Poiché gli scacchi sono un piano simbolico delle forze che ci circondano nella vita.

Le carte sono un altro racconto simbolico della nostra vita e dell’universo. Le 52 carte rappresentano le settimane dell’anno. I 4 segni le stagioni ma anche le sfere del nostro vissuto, gli arcani minori sono tutte rappresentazioni ben codificate a partire dalle figure (re, regina, cavallo e fante) e se non chiare a livello conscio, tali simboli vengono comunque percepiti a livello sottile inconscio. Una partita rappresenta una vita o un ciclo, nel quale tutte le carte giocate, ad una ad una, ci raccontano ogni volta una storia nuova, sempre dentro le regole del gioco che è la nostra stessa vita. Noi come giocatori non siamo altro che la rappresentazione di noi stessi ma in un universo parallelo puramente simbolico, dove gli altri giocatori, così come nel mondo reale, rappresentano forze a volte alleate a volte nemiche nel raggiungimento del nostro ideale.

La nostra bravura nel giocare, nel ricordare le carte, nel prevedere le mosse degli avversari dai loro comportamenti, non è altro che l’arte di capire il mondo e le sue regole e come poter trarne il miglior risultato e beneficio possibile. E in questo gioco simbolico la visione del tutto ci insegna moltissimo: come porci nei confronti della partita e degli avversari, come sviluppare il nostro intelletto logico dentro le regole, come apprendere l’equilibrio tra attesa e azione, tra memoria e slancio intuitivo, come interpretare l’avversario e la potenza delle sue carte rispetto alle nostre. Non è forse, questo gioco simbolico, un maestro che ci abbraccia amorevolmente, deliziandoci, con l’espediente di un gioco, ma insegnandoci in realtà, silentemente, l’arte del vivere in equilibrio?

Parleremo dell’arte in un altro contesto poiché il rapporto simbolo arte è interessante e merita un discorso a parte.

𝐒𝐢𝐦𝐛𝐨𝐥𝐨 𝐞 𝐚𝐩𝐩𝐥𝐢𝐜𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐒𝐚𝐜𝐫𝐞

Abbiamo visto fino ad ora come il simbolo sia un linguaggio vasto: dell’utilizzo della pura sfera razionale con i simboli matematici, ad applicazioni pratiche e utili nella vita quotidiana, utilizzi di demarcazione territoriale, utilizzi politici e persino nella sfera ludica.
Rimane da vedere il lato pratico operativo nel sacro del simbolo che è oggetto di studio nelle scuole iniziatiche.

Innanzitutto il simbolo, come abbiamo già visto, è un portale verso altre vibrazioni e altri regni.
I glifi e altri simboli di teurgia operativa sono da sempre stati codici di accesso a entità. Saper usare questi simboli nella corretta ritualità teurgica da accesso a questi piani e a queste forze e esseri.

Tutta la magia operativa, dalla Teurgia fino allo Sciamanesimo fa un utilizzo imprescindibile di simboli sai in forma scritta, di oggetti, gesti, posture, postazioni e preparazioni sceniche nel tempio, profumi, atmosfere luminose, etc… Queste diverse modalità simboliche sono mezzi o chiavi per richiamare quanto richiesto su un piano accessibile, o viceversa per aiutare il Magus ad innalzarsi verso le ottave di presenza di tali energie. Queste tecniche sono tramandate in via esoterica e la capacità di farne uso è argomento delicato e soggettivo.

Credo che su questo argomento non sia utile aggiungere altro in questo discorso. Vi sono sedi molto più opportune per approfondire questo tema, per chi ne è interessato.

Ma il simbolo sempre in chiave esoterica può essere usato in modo operativo anche facendone un utilizzo diretto per dialogare con la natura e chiederle degli aiuti o favori.
In Africa i cacciatori disegnano sulla terra le proprie prede infilzate dalle loro lance prima di andare a cacciare come auspicio e forma di visualizzazione di ciò che vogliono concretizzare; alcune tribù, durante i riti propiziatori della primavera, scavano buchi a forma di vagina nella terra buttandoci dentro lance simbolizzando l’atto procreativo e richiamando la fertilità per l’anno che sta iniziando.

Le segnature delle donne contadine sono un esempio classico, tradizione tramandata di donna in donna, dentro la famiglia, in determinate notti dell’anno. Le segnature sono un’arte iniziatica simbolica che sfugge alla nostra sfera razionale eppure mostra come il simbolo dia accesso e sottometta (in un senso positivo) le forze della natura e le utilizzi alle necessità umane tramite Maghi che ne possiedono le giuste chiavi. Con la tradizione delle segnature è evidente che per diventare operativi attivi, non è sempre necessario frequentare scuole misteriche e fare un percorso molto strutturato. A volte l’iniziazione è immediata e semplice. Il percorso pratico avviene quindi di fianco ad un Maestro d’Arte che ti insegna con il suo esempio. Anche questa è scuola simbolica.

Un altro esempio è la creazione di un simbolo ben specifico, parliamo degli amuleti e dei talismani, simboli antichi come il mondo, ad esempio con finalità protettiva, afferente ad una certa sfera che a noi interessa, ad esempio la protezione di una casa. Ecco che creare nel giusto modo il simbolo protettivo e porlo nel centro della casa, o meglio ancora sotto la casa, ha un’azione di protezione in quanto le forze sottese dal simbolo si attivano spontaneamente appena collocato con la giusta preghiera (l’utilizzo di tali oggetti viene sempre attivata magneticamente con un collegamento alla Grande Madre per mezzo di una invocazione cardiaca), creando una struttura energetica in tal senso.

Così vi sono simboli di fertilità, di attivazione, di abbondanza, di cura, etc… Questi simboli, corporificati negli amuleti e nei talismani, fanno parte di un’arte operativa simbolica studiata non solo nelle scuole magiche, ma perfino nelle tradizioni popolari e rurali. Un testo che avvia a tale via è sicuramente la Filosofia Occulta di Agrippa. Eccone qualche riga per comprendere: “𝑇𝑢𝑡𝑡𝑒 𝑙𝑒 𝑓𝑖𝑔𝑢𝑟𝑒 (𝑖 𝑠𝑖𝑚𝑏𝑜𝑙𝑖) 𝑜𝑝𝑒𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑚𝑒𝑟𝑎𝑣𝑖𝑔𝑙𝑖𝑒, 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑣𝑒𝑛𝑔𝑜𝑛𝑜 𝑡𝑟𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎𝑡𝑒 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑎𝑟𝑡𝑎 𝑒 𝑠𝑢𝑖 𝑚𝑒𝑡𝑎𝑙𝑙𝑖 𝑐𝑜𝑛 𝑎𝑝𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑎𝑡𝑒 𝑖𝑚𝑚𝑎𝑔𝑖𝑛𝑖. 𝐼 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑎 𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑏𝑢𝑖𝑟𝑒 𝑎 𝑓𝑖𝑔𝑢𝑟𝑒 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑒𝑐𝑐𝑒𝑙𝑠𝑒, 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑐𝑒𝑟𝑡𝑎 𝑠𝑖𝑚𝑝𝑎𝑡𝑖𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑜𝑡𝑡𝑎 𝑑𝑎𝑙𝑙’𝑎𝑡𝑡𝑖𝑡𝑢𝑑𝑖𝑛𝑒 𝑒 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑟𝑎𝑠𝑠𝑜𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑎𝑛𝑧𝑎 𝑛𝑎𝑡𝑢𝑟𝑎𝑙𝑒, 𝑙𝑎 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑒 𝑜𝑝𝑒𝑟𝑎 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑎 𝑔𝑢𝑖𝑠𝑎 𝑑𝑖 𝑢𝑛’𝑒𝑐𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑖 𝑟𝑖𝑓𝑙𝑒𝑡𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑢𝑛 𝑚𝑢𝑟𝑜 𝑜𝑝𝑝𝑜𝑠𝑡𝑜…” (Cap XXIII Libr. II°). Parole che andrebbero meditate per capire la potenza di queste applicazioni simboliche.

Ecco che Agrippa ci dice che non solo Amuleti e Talismani operano meraviglie. Ma anche il semplice disegnare i giusti simboli sulla semplice carta può dare luogo all’Arte. Poiché nella carta stiamo, con un atto creativo divino (di cui l’uomo è dotato), corporificando un’idea e una potenza che vogliamo attivare. L’utilizzo magico quindi del simbolo in questo contesto, se fatto con la giusta ritualità e presenza magnetica, darà luogo agli effetti richiesti, sia che esso sia su un foglio di carta, sia che sia una matrice più nobile. È il Magus, il magnetismo e il rito ad attivare le potenze, non il materiale di supporto in sé o la grandezza del materiale.

Saper usare il simbolo in tale contesto, con i 5 elementi e le opportune geometrie sacre dà accesso a questa scienza iniziatica. E si è già detto molto.

Trattare le applicazioni pratiche e operative del simbolo è argomento sconfinato. Il simbolo è uno dei linguaggi più vasti ed utilizzati nel campo umano in differenti contesti e sfere cognitive.

Speriamo di aver dato, almeno parzialmente, un’idea della vastità di questo oceano i cui confini sono difficilmente contemplabili in un singolo sguardo.

Buona navigazione.

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6. 𝑺𝒊𝒎𝒃𝒐𝒍𝒐 𝒆 𝑨𝒍𝒄𝒉𝒊𝒎𝒊𝒂

Alchimia e Simbolo sono da sempre collegati.
Non vi è Alchimia di nessun tipo, inclusa quella operativa da laboratorio, senza uno studio approfondito e sistemico del mondo simbolico-alchemico. Il simbolo nel suo linguaggio silente è un tramite perfetto per avere accesso al misterium dell’Alchimia. Alchimia è comprensione della natura, padronanza della natura, accordo con la natura e arte della natura.. Nell’incontro tra Uomo e Natura, il linguaggio simbolico è il ponte ideale che unisce soggetto ed oggetto della conoscenza. I significati da interiorizzare sono di matrice diretta, simbiotici per il nostro essere corpo, sono un richiamo al proprio essere fisico come materia nella natura.

Questo ritorno alle radici, questo incontro con la propria madre prima, la natura, è di tipo profondo e viscerale, e il Simbolo, come significante è un linguaggio perfettamente funzionale ad insegnare senza interferire con sfere che ostacolerebbero il contatto puro e indisturbato con la propria fonte.
Nell’Alchimia il primo laboratorio e il primo scoglio è la comprensione del linguaggio Alchemico stesso. Molti, moltissimi si fermano già a questo primo scoglio. E forse questo è un bene. La confusione e l’impenetrabile lingua dei Veri libri Alchemici origina da un’arte sottile la cui chiave può essere trovata solo studiando ripetutamente tutte le porte che danno accesso alla Sala Alchemica. Gli Alchimisti sono ingannatori e menzogneri, parlano di una cosa e nel contempo te ne mostrano un’altra.

Definiscono un concetto con un termine e dopo poche righe utilizzano lo stesso termine in un altro contesto. È un racconto in una lingua apparentemente non logica, intricata, piena di segni e di figure a corredo che accennano, mostrano ma non delineano e chiarificano.
Eppure, dentro questa confusione, nel ripetersi di termini alchemici, di simboli e figure, il ricercatore motivato, con una grande lucidità critica, un’intelligenza aperta e una strenua perseveranza, può ritrovare un filo conduttore che porta ad orientarsi nella foresta. E ne può uscire vincitore.


Classi Alchemico Simboliche


I Simboli Alchemici innanzitutto sono rappresentazioni di diverse classi concettuali:

– Vi sono le diverse Forze della natura, nelle loro diverse espressioni e declinazioni, nei loro archetipi funzionali e pratici nell’Arte.

– Vi sono i diversi Tempi del momento alchemico, dato che nell’alchimia non solo la manualità e la conoscenza sono arte, ma anche la percezione del tempo e del suo fluire all’interno della materia cangiante.

– Vi sono le Temperature che vengono utilizzate nell’atto alchemico e la giusta comprensione dei fuochi è uno scoglio non solo intellettuale ma anche pratico dato che chi non ha maestria nel contenimento dei suoi impeti energetici non può controllare le lievi temperature della Gallina o forse domare le forti fiamme dell’inferno che ci consegnano le importanti ceneri bianche.

– Vi sono le Materie, sia le Prime che le accessorie e secondarie; le più disparate e diverse, terreno sul quale i pochi sopravvissuti alla prima sfida del linguaggio, sono ugualmente stati decimati e ingannati.

– Vi sono gli Uccelli delle operazioni dell’arte che ci mostrano la manualità e la maestria da applicare sulla Materia seguendo il volo che corporificherà il drago volatile.

Tenendo presente la Tavola Smeraldina, la genesi dell’Universo è presente nel Rito Alchemico e ogni creazione alchemica è il ritorno e il richiamo di tale genesi primordiale. Ecco che i simboli nel percorso Alchemico non ci parlano solo dell’Arte nella sua valenza Umana, di microcosmo, dove l’Adepto percorre la Grande Opera per sua utilità o ad utilità dei suoi simili. I simboli sono anche racconto ancestrale della creazione divina, soprattutto ci insegnano i momenti, le potenze e i livelli per giungere dal primordiale CHAOS alla finale REBIS.

I bellissimi disegni nell’Utriusque Cosmi di Fludd sono un esempio ispirante di questo parallelismo.
E i Simboli sono perfettamente versatili in questo lavoro, poiché nel loro contenitore, sottendono a tutte queste letture e a diversi altri contenuti che l’uomo può trasformare e rendere fruibili a secondo del piano di laboratorio sul quale li intende utilizzare.

𝐔𝐜𝐜𝐞𝐥𝐥𝐢

La presenza simbolica degli uccelli nei vari passaggi, corvi, pavoni, aquile, cigni, colombe, pellicani, fenici e persino draghi alati… sono molto potenti, perché non solo ci insegnano le operazioni nei loro tratti caratteristici e nei loro colori, ma provenendo dall’elemento aria, ci richiamano ad un fuoco alto che nel nostro operare si sta corporificando. L’uccello è l’animale leggero per antonomasia, difficile da afferrare, sfuggente, bisogna catturarlo ma senza ucciderlo come fa il cacciatore, uomo maldestro e incosciente di tale bellezza, altrimenti l’Opera è persa, e bisogna riuscire a portarlo dal Corvo fino alla Fenice, passando per tutti i colori e generi di uccelli, lasciandolo sempre in vita e senza farlo volare via.


Sempre nella classe degli uccelli vi è il simbolo alchemico per antonomasia: l’Uovo. A molti sfugge il fatto che l’Uovo sia la genesi dell’Uccello mistico in tutte le sue forme (tranne che per la Fenice). L’Uovo Alchemico è infatti una sintesi simbolica di tutto il Mondo Alchemico, sottende a tutto il tempo e lo spazio alchemico e in parallelo a quello universale, fin dal principio dei tempi. L’Uovo Alchemico (in genere raffigurato leggermente allungato e alto) è il simbolo più implicito e potente dell’Alchimia speculativa in primis. È Opera dell’alchimista aprirlo con estrema cura, estrarne dal Chaos la Materia viva, purificarla, rivitalizzarla in chiave ricettiva, congiungerla con lo Sposo Alchemico (il Re) e ottenere il Rebis.

In tale percorso sull’arcobaleno operativo, l’Uovo si apre sempre di più, si mostra fino a rompersi completamente, per dare spazio alla Luce finale che rompe tutte le catene materiali e spirituali del suo guscio. Ecco che il Fuoco della Fenice si mostra in tutta la sua forza consumando la materialità costrittiva del guscio. La Maestria Simbolica di tale analogia, che gli antichi Iniziati adottarono traendo dagli animali i concetti più adatti, lascia ancora oggi pieni di stupore e ammirazione lo studioso sincero e cardiaco.

Pianeti e Costellazioni
Le presenze simboliche Planetarie e Zodiacali sono in analogia perfette con alcune Materie metalliche e con i momenti alchemici, e se i Pianeti infatti sono elementi richiamanti a corporeità definite (le materie Prime metalliche e gli Archetipi ad esse sottese) così i mesi Zodiacali sono la suddivisione implicita, nell’arco temporale unitario, dei momenti e gradi della Grande Opera. Queste analogie apparentemente così semplici e dirette, quasi banali o fortuite, sono invece, oltre che potenti e antiche, un’arte simbolica di tale eleganza e raffinatezza che viene quasi la tentazione di fermare il lavoro operativo per ammirare tale cattedrale architettonica costruita dal Creatore Primo, l’Alchimista Massimo, e con il solo ammirare questa bellezza armonica, il cuore dell’adepto può trovare la propria Lapis Philosophorum interiore.

A questo momento di estasi interiore si richiamano tutte le preghiere e invocazioni di apertura del lavoro di laboratorio che ogni vero Adepto dell’Arte sa che deve compiere prima dell’ingresso nella Materia.
Poiché questo viaggio nel VITRIOL, nella sua durezza e solitudine, è viaggio cardiaco nella bellezza primordiale e vergine delle forze cosmiche prime. Si veda a tal proposito la famosa illustrazione di De Vries nell’Amphitheatrum di Khunrath.

L’alchimista è in ginocchio, in preghiera vera e profonda, con braccia allargate, in segno di supplica e ringraziamento, poiché entrare in questo mare simbolico vivo e creativo, necessita di grande lucidità e presenza mentale, ed è un privilegio a cui pochi sono realmente chiamati attraverso un dono di Grazia divina.

Geometriche Pure
Infine vi è la classe simbolica delle figure geometriche pure. Questi simboli sono particolari e nella loro apparente semplicità ci insegnano intuitivamente, mostrandoci la strada sulle forze e le qualità che il cammino ci pone di fronte. Qui troviamo gli aspetti più operativi: i tempi con ad esempio la notte e il giorno; lo stato della materia: condensata, sublimata, evaporata, corporificata, calcinata; le materie secondarie, funzionali ai lavori, come gli acidi, le basi con le loro varie forze; i Sali di tutti i tipi, dato che nel laboratorio alchemico i Sali sono materia operativa importante, Salgemma, Nitro, Tartaro, Potassium…


Per la trattazione simbolica del Trio fondamentale Alchemico Zolfo-Mercurio-Sale si rimanda al Cap. 2 di questo studio Simbolico (Simbolo e Geometria Sacra).
Sempre in questa classe Geometrica vi sono infine i 4 elementi: Fuoco e Aria triangoli maschili Acqua e Terra triangoli femminili, con Aria e Acqua con una linea intermedia. Questi simboli oltre a parlarci in modo molto chiaro di cosa siano questi elementi in sé come qualità e funzionalità (trattazione che non affronteremo per questioni di spazio), ci mostrano attraverso il numero 3 che essi sono vettori e promotori di un’energia primordiale che li sottende tutti. Il 3 è infatti numero della generazione e del movimento tra i vari stati dell’essere. Dalla base si arriva all’apice attraverso un processo di sintesi che crea altro dalla matrice base.

Ecco che mentre Acqua e Terra tendenzialmente corporificano l’energia e la consapevolezza nel nostro piano materiale, Aria e soprattutto Fuoco le spiritualizzano e attivano.
È interessante a questo punto un approfondimento sugli elementi, non solo per mostrare come i simboli lavorino in modo sottile, ma anche come siano stati codificati per mostrare anche ciò che non appare a primo livello guardando solo il simbolo. I simboli infatti vanno anche combinati e studiati da diverse prospettive. Vediamo un classico esempio di questo lavoro particolare, ponendoci nell’ottica degli Elementi alchemici. Nei simboli alchemici, non è presente in modo esplicito il 5° elemento, l’Etere. Eppure l’Etere, come sappiamo è il progenitore dei 4 elementi materiali ed è l’elemento base di tutta la creazione, poiché esso è una declinazione dello Spirito Universale.

Nonostante questa importanza prima nell’Alchimia, esso come simbolo non è trattato in modo esplicito nei testi Alchemici che si hanno normalmente a disposizione. Come mai? Questo, ai più attenti ricorda sicuramente il racconto dei 5 solidi platonici, anch’essi Simboli di Geometria Sacra, ma tridimensionale, degli elementi: Cubo-Terra, Tetraedro-Fuoco, Ottaedro-Aria, Icosaedro-Acqua e infine Dodecaedro-Etere. Molti sanno che Platone voleva che i suoi discepoli non citassero mai le caratteristiche e proprietà del Dodecaedro, pena espulsione dalla scuola.

Questo racconto ci introduce al tema dell’Etere in chiave simbolica. Perché avere accesso alle chiavi del simbolo eterico significa padroneggiare lo Spirito, divenire quindi un Magus nel senso più alto del termine. Ecco che il simbolo rimane celato nei testi. Tuttavia, con lo studio corretto dei 4 elementi e sapendo i loro rapporti e il loro rapporto con l’Etere, si può trovare il simbolo del 5° elemento. Poiché tutti e 4 gli elementi originano per condensazione successiva dalla stessa sorgente, ecco che per arrivare all’origine, bisogna riunirli tutti, nello stesso punto e in tal punto si troverà la loro origine.

Questi 4 simboli sovrapposti, mostrano un altro simbolo noto e famoso, che però generalmente nei testi alchemici se presente non è esplicitato per ciò che è veramente. E, in particolare, sono i simboli intermedi dell’Aria e dell’Acqua a darci l’indicazione precisa di come vadano ricombinati, utilizzando come riferimento la linea orizzontale intermedia, poiché è essa che se posizionata correttamente sull’altro simbolo ci darà la chiave di incastro corretta. Questa linea intermedia è la parte del simbolo complementare già presente, come a mostrarci un Elemento pronto ad una transizione di fase verso il successivo.

Ecco che i simboli degli Elementi sono a doppia lettura e doppia coppia: Fuoco e Aria come caldi e con punta ascendente, mentre Acqua e Terra Freddi con Punta discendente. Ma Fuoco e Terra sono puri con qualità Secca mentre Aria e Acqua sono ad incastro con qualità Umida. Lascio al lettore la piacevole scoperta del simbolo Etereo.

Livelli di Linguaggio
Come vediamo nel mondo Alchemico il Simbolo è foriero di moltissime informazioni, tant’è che è forse l’unico genere di conoscenza che presenta i famosi libri muti, cioè che non contengono scritti se non nei minimi termini.Abbiamo testi alchemici famosi nella loro bellezza figurativa e simbolica: lo Splendor Solis, Il Mutus Liber, libri essenzialmente muti, che vanno studiati quando si è già introdotti nell’Arte; abbiamo poi i libri in cui i simboli sono centrali e corredati da testi o musica: Atalanta Fugiens, Libro delle Figure Geroglifiche, il Rotolo di Ripley.

E infine libri più discorsivi ma che includono sempre figure simboliche in modo imprescindibile: 12 chiavi di Basilio Valentino, Donum Dei di Aurach o la Trasmutazione Metallica Sogni 3 di Nazari da Brescia.
A seconda del livello dell’Iniziato e della Scuola Misterica abbiamo sempre a livello Simbolico, diversi linguaggi e livelli espositivi, sia puramente simbolici, che misti che puramente discorsivi.


𝐎𝐮𝐫𝐨𝐛𝐨𝐫𝐨𝐬
Mi preme infine menzionare un simbolo importante tanto quanto l’Uovo Alchemico. Anche in questo caso siamo al cospetto di un simbolo del regno animale in forma particolare: l’Ouroboros, il serpente ripiegato su sé stesso. In questo simbolo è inclusa in potente sintesi simbolica tutta l’attività creatrice e distruttrice dell’Energia Universale, la Materia Prima del MacroCosmo.

La Forza Vitale come Forza motrice dell’universo che attiva e consuma sé stessa rigenerandosi continuamente in molteplici ed infinite forme. L’Ouroboros è il mondo che si autofruisce, che si autoesplora, che si rigenera dalle sue ceneri, che non si ferma mai. Lo Spiritus Mundi in azione. Dal punto di vista temporale ci riporta alla dimensione ciclica del fluire, in una chiave di continuo fluttuare avanti e indietro, di ritorni, di rielaborazioni. Non mostra il tempo classico lineare con un inizio e una fine, anzi dice che tutto è un unico continuum presente in una ruota che incessantemente percorre i suoi eterni cicli.

È un tempo di matrice matriarcale.
Il cerchio geometrico-spaziale dell’Ouroboros ci mostra l’universo nella sua totalità, mostrando questa regola come presente ovunque, senza eccezione. Se l’Ouroboros è lo Spiritus Mundi in movimento, l’Anima Mundi è il suo perno centrale attorno a cui ruota la creazione, fisso e intoccabile, l’autocoscienza che osserva l’eterno gioco divino nel suo apparire e fluire multiforme senza sosta. Per gli Alchimisti l’Ouroboros è la sintesi massima dell’energia che deve essere domata per venir utilizzata dal Magus, ecco perché spesso, al contrario dell’Ouroboros ermetico cosmologico che è singolo, quello alchemico è doppio: poiché ci parla nuovamente del matrimonio alchemico tra lo Zolfo, alato e il Mercurio terrestre che lo riceve.
Essi in una danza divoratrice, si consumano e uccidono l’un l’altro, dando origine al Corvo, per poi, alla fine del ciclo, rinascere come l’Ouroboros bianco unico Ermetico, ossia la Quintessenza.


L’Alchimia, un mare simbolico vastissimo, in cui ci si può perdere. Un mare non per tutti. Affascinante, ma per poterne fruire si necessita di grande volontà, perseveranza, acume, ascolto e una grazia naturale verso le cose sussurrate. Ecco che allora potremo dolcemente navigare su queste infinite correnti simboliche che ci porteranno su terre magiche sconosciute ai più…


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5. 𝑺𝒊𝒎𝒃𝒐𝒍𝒐 𝒆 𝑪𝒐𝒏𝒐𝒔𝒄𝒆𝒏𝒛𝒂

Come può il simbolo portare ad una Conoscenza? Possono i simboli ampliare la conoscenza? Possono infine dare una visione diversa della conoscenza, mostrare modi diversi di arrivare ad una conoscenza o dare accesso ad una sfera della conoscenza che non sarebbe altrimenti fruibile? Nella nostra cultura, l’approccio alla conoscenza è di tipo razionale, nozionistico innanzitutto. Il processo cognitivo e didattico è basato sullo studio a partire dalla memoria per poi, attraverso la logica e la capacità di ragionare sui concetti acquisiti, arrivare a concetti più complessi.

Ma essenzialmente il percorso, che per semplicità possiamo definire di tipo destro, è nella sostanza mnemonico e quindi razionale-logico. Questa via cognitiva, non solo porta a delle chiare strutture logiche e classificanti ma, soprattutto, imposta la modalità di apprendimento e conoscenza del proprio microcosmo e del macrocosmo fin dalla tenera età; ad un livello più profondo imposta quindi la nostra struttura mentale cognitiva nel suo approccio verso la conoscenza stessa.

𝐋𝐚 𝐯𝐢𝐚 𝐒𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐫𝐚

Esiste tuttavia un tipo di conoscenza e quindi una via cognitiva più intuitiva, diretta e quindi destrutturata, o sarebbe più corretto dire strutturata in modo diverso. Essa è la via sinistra, che sviluppa altre modalità di visione del mondo, del nostro porci in essa e delle possibilità di interazione che abbiamo esternamente e interiormente. Normalmente questa seconda via non è, se non in minima parte, toccata e sviluppata in questo periodo storico-culturale e rimane latente per alla fine essere sviluppata, la maggior parte delle volte, in chiave personale e puramente spontanea, da alcune persone.

Ecco in questa seconda via, il simbolo è un vettore ideale, esso tende a risvegliare questa via. Stimola la curiosità figurativa e non verbale, da accesso ad uno studio silente, porta ad una meditazione ed elaborazione dell’informazione in sé, e soprattutto non lascia una sicurezza dogmatica e inconfutabile dell’informazione in quanto lo stesso simbolo può essere codificato in diverse modalità e portatore di messaggi sovrapposti.

Se la via destra tende a darci una visione chiara e sicura (reale o presunta) del nostro percepire oltre che una capacità naturale a catalogare il tutto per renderlo più velocemente fruibile ed utilizzabile, la via sinistra crea correlazioni complesse e cangianti e mostra il mondo in modo più dinamico e meno gerarchico. Sono linguaggi cognitivi complementari e probabilmente sarebbe utili svilupparli, in modo consapevole, entrambi. La pura via destra è quella della tecnica, dell’utilizzo del sapere in modo sistemico e finalizzato. La pura via sinistra è quella dell’arte, della reinterpretazione del vissuto in modo sempre diverso. Avere accesso ad un percorso di conoscenza simbolica è utile per chi è interessato ad una via di conoscenza bilanciata.

Lo studio approfondito dei simboli e la applicazione degli stessi è infatti esperienza prevalentemente sinistra ma con aspetti della via di destra soprattutto nella comparazione degli stessi e nella classificazione. Nella radice e nella prima esperienza il simbolo ci porta nella sfera sinistra, ci aiuta a rivedere l’apparire per ciò che sottende, ci porta nell’interno del fenomeno e della nostra consapevolezza, crea una spirale interna. Molti amanti della via simbolica preferiscono avere una relazione col simbolo prevalentemente ed essenzialmente di sinistra, e usano quindi il simbolo come forma di conoscenza introspettiva e divinatoria senza volerlo razionalizzare. Questa via è quella che attiva il simbolo e lo vivifica per ciò che è veramente, un significante contenitore di un significato che non appare. E quindi usare la via sinistra nella conoscenza attraverso i simboli è una via completa in sé che ha una funzione ben chiara e arricchente.

𝐂𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐒𝐢𝐦𝐛𝐨𝐥𝐢𝐜𝐚

Vediamo qualche applicazione concreta di conoscenza in questa chiave. Con l’utilizzo del Simbolo silente, la pura via sinistra è una strada per la conoscenza del Sé nel senso più alto del termine: l’incontro con la Realtà del nostro Sé è possibile infatti solo attraverso un’intuizione diretta e destrutturata, facoltà dell’anima che trascende le separazioni, i dualismi, le dialettiche spesso conflittuali della nostra mende razionale ordinaria, e il simbolo è un vettore perfetto in questo ingresso nell’interiora della propria terra. In tale contesto il Simbolo è personale e soggettivo e spesso è creato dalla persona stessa. Nella creazione del proprio Simbolo l’Iniziato mette, in un atto magico di creazione, il suo Io profondo intuitivamente, per poi riviverlo e reinterpretarlo con una strada questa volta inversa, dall’esterno all’interno.

I Simboli usati in chiave Archetipale ci danno invece accesso alla conoscenza delle leggi della natura e del mondo, la meditazione su questa tipologia simbolica è un’antichissima tecnica, ad esempio con gli Arcani Maggiori dei Tarocchi, e ci permette di penetrare le forze universali per vedere come esse si relazionano fra di loro e con la nostra coscienza. All’interno delle rappresentazioni figurative dei Tarocchi troviamo simbolizzati diversi livelli: il disegno complessivo in sé, i particolari e gli oggetti o animali a corredo, gli spazi e posizioni dei diversi contenuti e i colori degli stessi.

Ogni aspetto e dettaglio dell’Arcano rappresentato è una conoscenza particolare e il disegno totale in sé ci porta ad un altro livello di conoscenza dentro lo stesso territorio. Tale meditazione cognitiva può essere fatta in diverse forme: sul singolo Simbolo archetipale per comprendere-vivere il sottostante modello, oppure su alcuni Arcani messi in relazione fra di loro, in successione lineare, creando quindi un discorso, e avendo accesso quindi alla risultante totale di questi Archetipi in una visione di successione temporale.

Infine possono anche essere messi in relaziono geometrica più complessa. Questo ultimo studio è meno noto e insegnato ma è il più complesso e profondo. Poiché si possono creare con i Simboli archetipali dei Simboli a loro volta disponendoli sul piano o nello spazio, seguendo le regole della Geometria Sacra. Una variante in forma temporale di questo ultimo metodo, è ristudiare gli stessi Arcani nella stessa disposizione geometrica, ma cambiandoli di posto ogni volta, seguendo delle logiche predefinite; otteniamo quindi un percorso che ci mostrerà altri aspetti. Creiamo quindi simboli di simboli e questo crea relazioni fra gli archetipi che ci parla delle strutture portanti e delle regole dell’universo.

L’Albero Sefirotico è un altro ponte simbolico che da accesso alla conoscenza e per quanto esso sia più adatto ad una forma mista di studio che contempli entrambe le vie, la sinistra e la destra insieme, tuttavia può essere usato in forma meditativa-contemplativa, anche senza uno studio preliminare delle varie strutture portanti dello stesso (la via preliminare destra). Questo perché l’Albero Sefirotico è una codifica in chiave diversa degli stessi Archetipi visti precedentemente nei Tarocchi, e quindi esso in sé, permette ad una coscienza particolarmente ricettiva e sviluppata di entrare in contatto con gli stessi modelli. E’ importante notare come nel simbolo dell’Albero Sefirotico nella sua totalità, sia presente una forte Geometria Sacra e come tale geometria sia la base di genesi e di sviluppo dell’albero stesso.

Ecco che in tale Simbolo formato da simboli, la conoscenza è un percorso vastissimo e denso di concetti diversi e complementari. Un vero e completo libro simbolico a tutti gli effetti che ci parla, restando comunque muto ai non iniziati in tale pratica. Altri esempi di conoscenza attraverso i Simboli sono i Ching e l’interpretazione degli auspici. Entrambe queste forme di conoscenza, che non tratteremo nel dettaglio per questioni di spazio, sono antiche e danno accesso alla comprensione del nostro essere nel mondo.

Ci aiutano percepire la realtà nascosta e sottile del mondo fenomenico e a vedere come noi siamo in relazione con esso, in questo modo ci indicano una strada o ci suggeriscono delle prospettive. Anche in questi 2 casi il percorso di conoscenza-comprensione è simile a quanto visto nello studio degli Arcani e dell’Albero Sefirotico: l’Universo si regola e dinamizza attraverso modelli Archetipali i quali vengono strutturati e condensati in forme simboliche attraverso la Geometria Sacra. Queste forme simboliche, opportunamente strutturate e utilizzate fanno da tramite tra la coscienza che le utilizza e l’Universo stesso.

Il linguaggio è diretto e il Simbolo con l’Archetipo sono il tramite. Un altro campo importante della via di Conoscenza Simbolica è quello ermetico-alchemico. In questo caso il Simbolo introduce ad una conoscenza diversa rispetto ai casi precedenti. Nel campo ermetico il simbolo è più operativo, più funzionale più focalizzato. Il simbolo in questo campo ci insegna il ragionamento per analogia, questa è una chiave importante da possedere nell’Alchimia; l’analogia è una comprensione tipica della via sinistra, arriva alla conoscenza per similarità e affinità, quindi senza il linguaggio razionale o della parola.

Il Simbolo mostra una classe di concetti e l’alchimista applica tali classi nelle varie sfere di conoscenza. È forse nel mondo alchemico che l’interpretazione dei simboli trova la sua forma più conosciuta e trattata. Per alcuni l’Alchimia è infatti Arte Psicologica per eccellenza, per altri è Arte Mistica di elevazione dello spirito, per altri ancora è Arte Operativa da Laboratorio (alchimia esterna) e per altri Arte Operativa attraverso l’Athanor Corporale (Alchimia interiore); si potrebbe continuare con altre sfere di applicazione dei simboli alchemici…

Vi sono molti campi di conoscenza trattabili attraverso i Simboli Alchemici e nessuno di essi è l’unico o il principale, se non in chiave soggettiva, proprio perché questi simboli danno accesso ad una conoscenza per analogia verso gli elementi ai quali si riferiscono. La conoscenza alchemica è protetta nel simbolo e può viaggiare in tutti i diversi ambienti e periodi, anche i più cupi, senza storpiature e modifiche. Colui che saprà aprire e attivare i simboli contenuti nei libri alchemici, come il Mutus Liber o lo Splendor Solis (per citare 2 fra i più studiati in chiave simbolica), avrà accesso alle conoscenze operative necessarie nel percorso della Grande Opera.

𝗟𝗮 𝘃𝗶𝗮 𝗗𝗲𝘀𝘁𝗿𝗮

Concludiamo questa trattazione tra Simbolo e conoscenza guardando il Simbolo dalla prospettiva della Conoscenza razionale-logica ovvero la via destra. Questa via non si adatta benissimo al percorso simbolico. Essa non entra nell’ontologico ma resta nell’ontico del simbolo. Non apre il simbolo in modo diretto e intuitivo ma lo pone invece in relazione ad altro, già noto, o in relazione ad altri simboli. Lo cataloga e lo mette all’interno di una struttura spesso preesistente, incasellandolo in spazi confinati e fallacemente chiarificatori. Purtroppo questo esercizio non solo depaupera e snatura il simbolo nella sua valenza ontologica, ma, e questo è forse la cosa peggiore, allontana il postulante dall’altare simbolico facendogli invece credere di portalo al cospetto del Sanctum Sanctorum simbolico. Ecco quindi, in questo contesto i libri dove i simboli sono catalogati, incasellati e accostati ai più disparati concetti con elegante sfoggio di profondo sapere nozionistico.

E tanti più simboli si trattano e tanti più disparati concetti si uniscono in tale trattazione, tanto più lo scrittore darà sterile sfoggio di possedere la sfera simbolica. Questi percorsi nozionistici e di classificazione non portano in profondità nella natura e nel cuore del simbolo, non mostrano le chiavi di accesso, non insegnano all’armonizzazione cardiaca con questo strumento e all’utilizzo in chiave personale magica; lasciano il lettore in superficie sulle nozioni, sulle classificazioni e sulle storie esteriori del simbolo.

In tale percorso la persona rimane avviluppata in un percorso che sembra portare alla comprensione del simbolo. Ma questa comprensione è esteriore, ontica, si sofferma sul significante e sfiora appena il significato. Non si vuole con questo dare una valenza del tutto negativa a tale approccio; esso ha una valenza positiva in chiave divulgativa e introduttiva. Su questo non ci sono dubbi. Deve però essere chiaro che conoscere le simbologie più disparate, saperne i percorsi storici o riempirsi di nozioni e informazioni, impedirà la vera fase simbolica attiva, che è quella che ci porta verso quella sfera della conoscenza dove il simbolo ci vuole condurre.

Diviene quindi necessario, se ci si avvicina al Simbolo tramite la via destra, destrutturarsi, e spogliarsi di tutti i vestiti, se si vuole vivere il Simbolo come vettore di Conoscenza attiva e sacra. Consci che la società attuale è già molto improntata alla via destra, coloro che si avvicinano al simbolo da tale via, corrono il rischio di non sfiorare mai la potenzialità del Simbolo vissuto sulla via sinistra. Sarebbe utile che coloro che trattano i Simboli attraverso le conferenze e i libri o qualsiasi altro mezzo, avessero ben chiaro questo aspetto, e lo chiarissero ai loro ascoltatori.

La conoscenza nella via destra del Simbolo non è un male in sé, ma lo diventa se si ritiene e si fa pensare agli altri che sia l’unica sfera per entrare in tale mondo. Ancora peggio è pensare che l’approdo finale sia conoscere infiniti simboli e saperli porre in relazione fra loro. Forse a questo punto, meglio non sapere nulla di loro intellettualmente e lavorare invece con pochi simboli nel silenzio del proprio Sanctum vivendoli come esseri intelligenti e magici, capaci di portarci in stanze segrete interiori dove la vera Sophia simbolica ci verrà mostrata in tutta la sua Luce.

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4 𝑺𝒊𝒎𝒃𝒐𝒍𝒐, 𝑴𝒊𝒕𝒐 𝒆 𝑭𝒂𝒗𝒐𝒍𝒂

Simbolo e Mito così come Mito e Favola, sono sempre stati accomunati nella tradizione popolare e colta. Sono forme di linguaggio che hanno diversi punti in comune, ma si situano su livelli di consapevolezza diversi. Per entrare nello studio comparato di questi diversi linguaggi, potrebbe essere utile tracciare, in ordine, su un percorso analitico, le diverse forme, partendo dalla più razionale fino a quella più intuitiva.

Questo percorso non deve ovviamente essere preso in modo apodittico ma come uno fra i tanti potenziali percorsi che si possono trovare in questo esercizio. Partiamo dalla matematica pura come espressione della forma razionale-logica più pura, con un linguaggio e un’ontologia ben definita nella sua essenza. Subito in parte vi sono le scienze naturali, dalla la Fisica teorica fino alla Biologia; spostandoci ancora oltre entriamo nei linguaggi verbali con un passaggio intermedio: lo studio della logica. Oltre la logica, nei linguaggi verbali, incontriamo innanzitutto il linguaggio filosofico teoretico rigoroso che è la prima porta d’ingresso alla grande stanza della filosofia. Nel linguaggio filosofico abbiamo moltissime forme di linguaggio e se riusciamo a tenere la giusta direzione, dovremmo uscire dalla stanza della filosofia, passando per la porticina opposta alla teoretica: il misticismo. Oltre il misticismo ci confrontiamo col Mito e sua sorella Favola.

Infine, alla fine del nostro percorso ci spogliamo del linguaggio verbale nuovamente per finire nel Simbolo per concludere il percorso con l’intuizione pura che non necessita più neanche del Simbolo… Questo percorso ci mostra innanzitutto come le forme di linguaggio Mito, Favola e Simbolo siano vicine tra loro, avendo alcune modalità e caratteristiche simili mentre altre le differenziano. Studiare comparativamente queste 3 forme è interessante perché ci dà una percezione più completa della sfera del Sacro, permettendoci di comprendere meglio come ci rapportiamo ad esso e cosa esso rappresenti per noi sui diversi piani della nostra esistenza. In questo percorso dobbiamo farci delle domande. Nel percorso del ricercatore, è forse più importante riuscire a farsi le giuste domande che trovare le risposte corrette. Perché il Mito? Perché le Favole? Perché i Simboli? Entriamo nel nostro percorso…

𝐌𝐢𝐭𝐨

Ercole combatte la morte per salvare Alcesti

Mito dal greco Mythos è per Omero parola, discorso. Il Mito è un concetto sfuggente, tanto quanto il Simbolo, difficilmente circoscrivibile. L’origine, come per il simbolo, si perde nella notte dei tempi e tutte le civiltà ne hanno fatto uso da sempre e in varie valenze. L’uomo è sempre stato affascinato dai racconti, e il Mito è un racconto, che rimane impresso nella memoria, conducendo con sé, vari livelli di significato. Come vediamo ha moltissime attinenze col Simbolo, e anch’esso ha un procedimento cognitivo molto simile, come decodifica finale, a quella di del simbolo (cosa già vista nel primo capitolo). Ma la differenza maggiore è nella presenza del verbale, della parola. Il Simbolo è pura forma geometrica, è contenuto veicolato in forma pura. Un’informazione che dal segno arriva direttamente sena passaggi razionali.

Il Mito, pur con finalità e contenuti simili, è invece rivestito di un livello di linguaggio ulteriore: la parola. Ora: perché la parola? Innanzitutto il Simbolo non è un linguaggio semplice. Essendo silente come Linguaggio, va conosciuto, coltivato, interiorizzato, bisogna anche esserne partecipi cardiacamente per attivarlo. La parola è infatti normalmente, nel campo del Sacro, elemento limitante e fonte di problemi ermeneutici. Tuttavia, nel Mito questo non avviene.

Il Mito è mezzo più universale, parla a tutti, anche ai profani, attrae i curiosi e i bambini, ci prende per mano e ci accompagna, ci intrattiene, ci fa sognare, aiuta la nostra memoria e attiva naturalmente la nostra immaginazione, è una forma d’arte in sé, e alla fine rimane ierofante tanto quanto il simbolo. E, soprattutto, nel caso non ne comprendessimo il significo interno, ci lascerebbe comunque qualcosa anche a livello esterno, una favola con tutto quello che essa ci dona. E la favola, con l’aiuto della memoria e della rielaborazione nel tempo, potrebbe tornare ad essere Mito, velandosi ai nostri occhi come contenitore di altro. Il Mito è inoltre un ricollegamento col nostro senso dell’antico, con le nostre radici, sia come uomo che come cultura. Ci permette di rivedere in chiave antica i classici nodi-riti-sfide che l’uomo affronta da sempre.

L’immaginazione e la libertà rielaborativa, nella lettura del mito, lo rendono attuale e antico nello stesso modo. La coordinata temporale è presente anche se non fondamentale e questo aiuta nella decodifica poiché lo svolgersi del racconto da riferimenti chiari. Il Simbolo è invece atemporale, fisso, come una stella. Non cangiante. O lo si coglie come esso è, o lo si perde come significato profondo.

Facendo l’esempio ad esempio del mito di Prometeo che ruba il fuoco degli Dei per donarlo agli uomini, contro la volontà del re degli dei Zeus, che lo punirà per questo, troviamo l’eterno racconto della volontà di pochi eletti di portare la conoscenza “nella Verità” (e non la falsa conoscenza ottenebrante) alla gente affinché essa si affranchi del suo stato di torpore. Questo ovviamente è osteggiato dall’oligarchia divina, simboleggiata da Zeus che non vuole condividere tale dono con tutta l’umanità. E chi salverà Prometeo dalla punizione? Eracle che è l’eroe prettamente umano (per quanto semidivino), nella sua penultima fatica, i Pomi delle Esperidi.

Ecco in questo mito un esempio di come le chiavi di lettura possano essere generaliste, come quelle sopra esposte, ma possano parimenti divenire altro, più personale o più determinato a seconda delle istanze e delle persone, e questo senza snaturare il Mito in sé: il tessuto portante rimane, un eroe dà un dono divino all’uomo per affrancarlo da una sua limitatezza, è inequivocabile. Tutto questo è un percorso molto simile a quello del Simbolo nel suo percorso cognitivo. Lo stesso Mito-Significante (Segno per il Simbolo) porta attraverso il personale processo cognitivo ad un personale Messaggio-Significato.

Il Mito come, si vede da questo esempio dove sono presenti 2 eroi principali che si incontrano (Prometeo che simboleggia il Maestro ed Eracle che simboleggia l’uomo Solare), ha inoltre un’altra caratteristica importante: i personaggi dei vari miti si incontrano nei diversi racconti, formando una rete fitta di relazioni e vicende, dinamiche, storie, tali per cui ogni storia mitica ha in sé un insegnamento allegorico e morale singolo, ma andando più a fondo e studiando i miti nel loro insieme, come un corpo unico, allo studioso attento, tutta la struttura acquisisce un mondo archetipale-simbolico nel suo insieme. Questo mondo mitico può essere letto contemporaneamente da diverse prospettive, diversi livelli e dare risultati e morali sotto ogni punto di vista sia storico, che personale che morale.

Questa funzionalità tipica del sistema mitico permette allo studioso sincero e motivato, di decodificare il mito in macro-aree che lo renderanno generatore di informazioni e insegnamenti ben definiti. Cosa che sfugge al lettore del singolo mito o a colui che non ha una critica comparativa tale da fare i vari collegamenti. Da una lettura passiva-superficiale, si arriva quindi ad una lettura attiva-strutturale e quindi ad seguente un percorso ben definito dove l’Adepto non segue più il racconto e si fa trasportare da esso, ma lo collega agli altri che lo intersecano e ne fa quindi un paesaggio tridimensionale vivo e in movimento.

Visto da questo punto di vista, il mito può essere accostato ai Ching cinesi, dove ognuno dei 64 esagrammi ha un significato e un messaggio in sé, ma è solo studiando e consultando in modo composto i Ching, e conoscendo la struttura nel suo complesso che si hanno le vere risposte da parte dell’oracolo e non semplicemente delle frasi di difficile comprensione.

Rispetto al Mito, il Simbolo è invece un’entità diretta, ieratica, potente e meno vicina alla comprensione razionale. Può essere dimenticato, non notato, frainteso, non attraente…Dunque il Mito aiuta l’Adepto lontano per inclinazione al Simbolo, e soprattutto aiuta il profano, istintivamente attratto dal profondo e dal sacro, ad avvicinarsi ad Eleusi, ma in modo dolce e graduale, poiché il Simbolo Sacro sarebbe salto troppo ampio. Col Mito la persona profana comincia l’elaborazione del mistero senza spesso esserne neanche consapevole.

In questo vediamo come i Maestri passati non abbiano lasciato nulla al caso e abbiano creato per ogni situazione e ogni tipologia di persona i linguaggi migliori per trasmettere le conoscenze necessarie. Non è un caso infatti, che non solo i simboli, ma anche i miti, siano comuni e ricorrenti in tutte le culture. Contengono nomi diversi, hanno dettagli diversi, poiché questo è il loro aspetto esteriore che si adatta, ma nella sostanza, i principali miti umani sono patrimonio simile, di civiltà in civiltà, sia nel tempo che nello spazio.

Ecco che le diverse narrazioni epiche locali potrebbero essere lette, al di là della classica chiave storica, anche come un adattamento del Mito, per renderlo comprensibile e vicino alle culture storiche contingenti. Il mito inoltre, attraverso il racconto, accede anche alla sfera emotiva, e tramite l’emozione stimola l’immaginazione e quindi il potere creatore, e in tutte queste espressioni, predispone la persona al suo futuro passaggio nel Tempio.

Sposta la consapevolezza del postulante dal livello materiale profano, ad un livello che racchiude in sé diverse sfere contemporaneamente: la sfera artistica, quella di sogno, quella allegorica, la morale, l’emotiva, e in questa stimolazione apre e destruttura il razionale semplice, superficiale accompagnandolo in un terreno più profondo, denso di relazioni e oscuro come quello mistico. Studiare il Mito è rielaborare in noi stessi le antiche e uguali storie archetipali dell’uomo e dell’universo così come facevano i nostri avi. Leggere i racconti mitici o vederne le raffigurazioni è per ogni uomo dotato di una minima sensibilità di spirito, un’emozione e uno sguardo in un mondo di sogno. E per chi è predisposto, il Mito attiva un potere trascendentale molto simile al Simbolo.

Nel Mito si rivivono inconsapevolmente e interiormente i Riti e i complessi religiosi (nel senso etimologico del termine, di riunire-rilegare) della propria umanità, ma in modo dolce, con i tempi necessari, lasciando apparire ciò che può apparire, e tenendo in un secondo piano più oscuro ciò che non si è pronti ad elaborare. Nel Mito il simbolo viene umanizzato, reso parlante, agente; l’archetipo è quasi smascherato nella sua funzione e finalità attraverso la storia del Mito, ma è mascherato sotto una forma già conosciuta alla sfera razionale dell’uomo, affinché il ponte intellettuale non sia troppo ampio.

Interessante notare come, nonostante in occidente il sistema Mitologico Greco (e anche altri attigui e più antichi) sia da sempre molto presente nella cultura popolare e colta e sia inoltre ben articolato e in grado di trattare qualsiasi aspetto morale, esso, da un punto di vista religioso, non sia mai stato inglobato nelle tradizioni teologiche ufficiali fin dai tempi del primo cristianesimo.

Il Mito di origine greca, va in sonno, nelle religioni ufficiali, proprio con l’avvento del cristianesimo, argomento molto interessante ma che non abbiamo qui il tempo di approfondire. All’opposto, ad esempio nella tradizione Vedanta, il Mito è invece sempre stato mezzo di studio fondamentale, dato che i principali Poemi Epici (Ramayana e il Mahabharata, che contiene il famoso Cantico del Signore) sono una colonna fondamentale del sistema religioso indù, soprattutto per il popolo, mentre i testi sacri più complessi (i Veda e le Upanishad) sono lasciati prevalentemente ai Brahamini.

𝐅𝐚𝐯𝐨𝐥a

Esopo racconta le sue favole

Parlando del Mito e del Simbolo, diviene utile analizzare anche la favola, vedremo presto perché- Anche la favola è infatti una porta verso il sacro, anche se in forma leggermente diversa.

La favola, sorella del mito, ha la sua etimologia in Fabula, Fari, parlare-narrare. Essa è quindi racconto come il mito, sono molto vicini etimologicamente. Ma a differenza di questo, il suo vestito, il suo apparire è più leggero, più fresco, più immediato e semplice. Il Linguaggio della favola e con essa quello della fiaba (che ha un carattere, nei suoi personaggi, più fantastico rispetto alla favola) è simbolico nonché allegorico e morale esattamente come il mito e usa anch’essa animali, uomini, creature fantasiose per richiamare le corrispondenti forme archetipali. Ma lo fa con un piano più destrutturato, più esplicito, più adatto a persone ancora più profane.

Possiamo dire che la favola e il mito sono sovrapposti, ma mentre il mito tende la mano al simbolo, la favola tende la mano al linguaggio comune. Ecco che la favola è anche strumento pedagogico nella crescita dei bambini. Poiché essi, sapendo intuitivamente di essere non solo corpo, necessitano e chiedono quindi cibo per lo spirito e l’intelletto sotto forma di racconto; questo cibo è adatto alla loro semplice struttura cognitiva razionale, ma contiene tutti gli altri livelli simbolici di cui necessita la psiche per nutrirsi, elaborare e strutturarsi. La favola assume 3 funzioni differenti nel passaggio all’onirico dei bambini, dato che essa viene ascoltata ed elaborata nello stato di dormiveglia e stimola quindi nel bambino

a.) l’apprendimento razionale del linguaggio verbale,

b.) l’immaginazione e la visualizzazione del racconto letterale e infine

c.) l’elaborazione del livello allegorico e morale della trama nella favola.

Queste stimolazioni simultanee sono un lavoro articolato e nuovo per il giovane apprendista e il richiamo di Orfeo è la necessaria pace dopo il faticoso percorso. Durante il sonno, nel momento subito successivo al dormiveglia, la favola diviene sogno e il sogno continua il percorso della favola stessa. Per questo spesso i bambini richiedono spesso le stesse storie prima di addormentarsi: l’elaborazione della stessa in ogni transizione al sogno, è cosa differente e ogni volta più articolata e confermata, andando a definire sempre più dettagli e livelli.

Nella Favola i simboli sono meno complessi del mito, animali, personaggi familiari, bambini o uomini semplici sono le basi portanti, a differenza del mito dove queste strutture sono molto più articolate, strutturate e necessitano di una conoscenza anteriore per seguire la storia. Eppure ciononostante, gli archetipi e le dinamiche simboliche sono ugualmente presenti con le stesse dinamiche e relazioni. I vari animali, i mestieri delle persone, i gradi parentali, le diverse forze della natura, la magia e le lotte, tutti questi simboli e molti altri, nelle favole rappresentano una chiave archetipale più facilmente leggibile e la persona comincia la codifica delle forze e delle energie nel mondo reale e personale con un percorso semplice e introduttivo.

Nelle favole di Esopo, dove gli animali sono i vettori archetipali, l’ascoltatore entra giocoforza nella comprensione degli aspetti della natura sia esterna che interiore: la volpe diviene la furbizia, il leone la forza, la capra l’ingenuità, il cane la fedeltà. E percorrere tutte queste favole in serie, permette di entrare in possesso di tutte queste forze, comprenderne le dinamiche e relazionarle fra loro.

Le favole, proprio come i Miti, ma soprattutto i Simboli, possono inoltre essere usati come tramite per tramandare informazioni e contenuti segreti, ma solo con le corrette chiavi di lettura. Vi sono infatti favolette alchemiche, che con le corrette chiavi danno acceso a ricette operative e sicuramente diverse altre favole, che sono per natura più flessibili e malleabili, rispetto al Mito, sono state create per ricordare nel tempo aspetti importanti da tenere nascosti.

Questo utilizzo della favola come contenitore segreto è simile alle tecniche di stenografia di Tritemio ed era adatto perfetto per le necessità degli alchimisti. Ecco ormai chiaro come anche nella favola che il significante è portatore di vari significati, al di là del letterale. In questo ha la stessa funzione del Simbolo e del Mito

𝐍𝐨𝐭𝐚 𝐅𝐢𝐧𝐚𝐥𝐞

Chiudiamo questo argomento con uno spunto non tanto sull’aspetto ontologico di questi linguaggi, quanto sulla loro origine. Alcuni sostengono che in tempi remoti l’uomo aveva capacità mnemoniche superiori ed era in grado di ricordare tutto quanto gli servisse senza bisogno di libri. L’invenzione della scrittura è venuta in un secondo momento quando l’uomo non essendo più in grado di ricordare nello stesso modo, necessitava di un supporto materiale per non perdere le informazioni nel tempo. Sia il Mito che la Favola sono giunti a noi sotto forma di racconto, proprio come se fossero tramandati in forma orale, di generazione in generazione.

Questo fra presupporre che quindi, come linguaggi, essi si perdano nella notte dei tempi e fossero patrimonio di un’umanità antica e detentrice di un sapere più vasto e profondo. Come abbiamo visto, l’uomo, attraverso un’intelligenza “naturale”, dispone di tutta una serie di linguaggi per soddisfare il proprio bisogno di Sacro e le proprie necessità profane. Oltre al Simbolo, anche il Mito e la Favola sono una via per trovare il nostro Sacro. Ad ognuno la via che più gli si addice.

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3 𝑰𝒍 𝑺𝒊𝒎𝒃𝒐𝒍𝒐 𝒆 𝒊𝒍 𝑺𝒂𝒄𝒓𝒐

Nel mondo, sulla coordinata temporale, ci sono essenzialmente 2 momenti di vita: il momento profano e il momento sacro. E’ importante, se si vuole vivere la propria vita nella completezza, avere ben chiaro quali sono i propri momenti Profani e quali quelli Sacri.

𝗜𝗹 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲

Ci sono persone che, perdendo il senso del vero, tendono, a vivere dei momenti profani come sacri o, peggio, dei momenti sacri come profani; e in questo modo creano confusione nelle loro vite. Spesso molti di loro non hanno neanche chiaro il significato vero di queste 2 parole: Sacro e Profano. Ma, e questo è importante, la decisione che un momento sia sacro o profano, è decisione esclusivamente personale, profonda, quasi ineluttabile… non può essere frutto di cultura, educazione o autoconvincimento.

Quindi, giusto per chiarire, qui non si intende tanto l’uomo che va alla sacra messa la domenica mattina con approccio profano (come faceva ad es. mio padre, ricordo con piacere e nostalgia i suoi sguardi e il suo atteggiamento, tipo uscire durante la funzione con un savoir faire degno di un artista dandy) poiché in quei casi si è chiaramente in lucidità cognitiva dato che ci si sente genuinamente in un contesto profano anche se esteriormente rivestito di sacralità (vuota).

Qui per confusione ci si riferisce soprattutto a coloro che, giusto per fare un esempio fra molti, reputano sacro andare a messa o stare in famiglia quando in realtà per il loro sé, senza volerlo riconoscere, il momento sacro è magari il lavoro, o andare allo stadio o lavorare al giardino il sabato pomeriggio. Questa premessa è sostanziale nell’approcciare il Simbolo nel mondo Sacro, altrimenti cadremmo nella banalità di pensare alla croce nelle chiese, alla stella di Davide nelle sinagoghe o a tutti gli altri simboli Sacri culturalmente sacri ma che di sacro, per molti, nel loro profondo non hanno niente di niente. Quindi chiariamo: il Simbolo Sacro è un simbolo che per noi ha valenza profonda ed è collegato alla ns sfera interiore Sacra.

Questo chiarimento essenziale ci porta alla definizione del Simbolo nel Sacro: il Simbolo, nel momento Sacro, è un canale, per meglio dire un vettore, psichico, che ci trasferisce, in piena coscienza e consapevolezza quindi in totale padronanza del sé, dalla dimensione profana ad una dimensione profonda Sacra. E tanto più il Simbolo sarà in simpatia col nostro essere, tanto più la dimensione Sacra sarà profonda, vera e attiva. Ecco che da questa definizione, il Simbolo Sacro acquisisce un potere profondo, catartico, trascendentale e nel momento dell’esperienza non è tanto importante la condivisione di esso con un gruppo, ma è molto più importante l’intima unione e l’interiorizzazione nella propria psiche.

Il Simbolo nel momento Sacro è ricevuto e codificato in via puramente emotiva interiore, cardiaca o viscerale a seconda della vibrazione del ricevente. Raramente arriva alla sfera intellettuale se non in un secondo momento, anche se l’incipit al contatto con esso, può essere di tipo razionale. L’uomo quando entra nel proprio Tempio Sacro, figurato o reale, si predispone emotivamente, si silenzia razionalmente, rallenta il suo tempo, dilatandolo…e in stato ricettivo trova il simbolo che gli mostra una particolare forma di energia, di geometria, di vibrazione… in tale stato percettivo la persona vive uno stato di consapevolezza, più intensa e profonda. Entra in contatto con parti del proprio Sé nuove e sconosciute, percepisce nuove sensibilità e contatti col mondo.

Ma di nuovo, questi simboli non sono da intendersi in modo materiale…nel Sacro i Simboli sono molto più sottili. Questo è il vero Sacro: ciò che per noi è importante in profondità. E non ciò che lo è secondo le convenzioni sociali o di gruppo. Se poi le 2 cose combaciano, e spesso succede, bene, ma non facciamo l’errore di cadere in questa confusione. Quante persone si mentono su questo gradino e perdono il loro Sacro… E’ solo con questa sincerità e chiarezza che possiamo capire quali sono, per noi, i veri Simboli Sacri.

E’ quando si trova il proprio vero Sacro che esso ci può mostrare l’importanza sostanziale di come approcciare i nostri momenti più importanti della vita. Non è quindi il tempio, non è la tunica o la cravatta, non è l’incenso o la musica angelica che crea il nostro Sacro, se non lo sentiamo interiormente non ci può essere. Possiamo sforzarci, ma perderemmo solo tempo. Il Sacro non viene con l’imitazione e la cultura. Entriamo invece in sintonia con le nostre percezioni reali del Sacro, ascoltiamole, e tramite esse scopriamo i nostri Simboli Sacri…

I Simboli Sacri sono spesso nascosti, sotto la nostra percezione, ci parlano, eppure non sempre li riconosciamo…vanno scoperti con una capacità di ascolto sottile e il trovarli è un percorso di ascolto sia esterno che interno. Possono essere degli oggetti apparentemente banali, la catenina che ci ha regalato nostra madre da bambini, il regalo di una persona cara persa, un oggetto sul tavolo con cui giocherelliamo sempre mentre prendiamo le decisioni più importanti, oggetti che ci aiutano e ai quali ci colleghiamo nei momenti topici. Possono essere delle musiche o delle immagini o altre percezioni sensibili che ci pongono in stati di consapevolezza particolare, spesso per collegamenti con situazioni passate fortemente emotive.

Molti sentono come Simboli Sacri dei luoghi particolari, un Tempio, ma anche un bosco, una spiaggia, molti le altezze delle montagne o la profondità del cielo stellato…è possibile anche avere un luogo Sacro dove ci rifugiamo nel nostro immaginario, prima di addormentarci o appena svegli, creare in questo luogo il nostro tempio interiore e esso col passare del tempo acquisirà il carattere Sacro. Infine possono essere Simboli Sacri anche persone o animali o piante. Tante persone si ispirano a modelli di Maestri, Guru, altri si focalizzano sulle proprietà archetipali che incarnano gli animali e ne fanno un Simbolo Sacro, o ugualmente con le piante, tipo la Rosa per i RosaCroce, o il Loto per i Buddisti.

Ogni persona e ogni gruppo ha il proprio Sacro, soggettivo e unico. Ma perché questo concetto, che ognuno deve ritrovare il proprio Simbolo Sacro personale, risulta spesso nuovo o addirittura difficilmente accettabile? Ci insegnano che i Simboli Sacri, proprio perché Sacri, devono esserci dati…sono quindi quelli che ci sono stati insegnati, codificati mostrati, e pronti ad essere utilizzati…come è possibile questa cosa quindi?

La nostra cultura, soprattutto occidentale, nel corso dei secoli, ha fatto 2 cose che ci ha allontanato dai nostri Simboli personali e, coscienti di ciò, per rimanere comunque tranquilli nel nostro Sacro, ci siamo noi stessi dati dei simboli convenzionali per riempire questo vuoto di sacralità. Questo è anche il motivo per cui molte persone oggi sono prettamente materialiste.

Vediamo questi 2 aspetti:

1. Una certa visione del divino tale per cui la persona necessita di strutture intermedie tra l’uomo e il Sacro. Questo ci ha portato a pensare che il Sacro si trovasse solo nei Templi fisici e che questi fossero necessari. Per quanto sia sicuramente vero che il Tempio abbia una funzione catalizzante e utile, è importante che l’uomo si reimpossessi del proprio Sacro interiore fin nelle radici e viva il tempio esterno, con tutti i simboli ivi inclusi, come un sostegno e un supporto e non una necessità imprescindibile e quindi un limite.

2. La visione illuminista-razionale ha allontanato l’uomo dalla propria naturale sfera magica e lunare, relegando il potere del simbolo in funzioni e luoghi ben definiti, controllandolo. La riappropriazione del simbolo da parte dell’uomo e, soprattutto, dell’uomo da parte del simbolo, va di pari passo col momento Sacro, ed è esercizio difficile in una società che delimita, circoscrive e definisce nello spazio e nel tempo non solo i momenti profani, ma soprattutto il momento Sacro in modo netto e codificato ed essenzialmente vero solo se vissuto a livello di gruppo. Ma questo passaggio uccide il vero Sacro e lo rende bugia.E’ partendo dalla comprensione di questi concetti che ci si può riappropriare dei propri Simboli e del potere che essi ci daranno.Questo è un percorso Lunare che non è in antitesi col momento Solare, ma lo bilancia e bilanciandolo, lo rinforza ed equilibra.

Attenzione con questo non si vuole sminuire i classici Simboli ritenuti Sacri, dato che sicuramente a livello di gruppo hanno una valenza fondamentale e spesso lo sono anche a livello personale, ma è necessario che ognuno riconosca la corretta valenza di ogni singolo simbolo nel proprio mondo e non si accontenti di “un cibo preconfezionato”, dato che la vibrazione per simpatia tra un Simbolo e una persona non sottostà mai a semplici leggi logiche né tantomeno può essere forzato esternamente. O peggio ancora, si deve evitare di forzare un simbolo nel nostro esperire solo perché nel nostro gruppo esso è ritenuto sacro.

𝗜𝗹 𝗚𝗿𝘂𝗽𝗽𝗼

Dobbiamo infine trattare il secondo punto del binomio Simbolo e Sacro e riguarda l’esperienza di un Simbolo in un contesto Sacro predisposto. Nei paragrafi precedenti abbiamo infatti necessariamente privilegiato l’esperienza diretta personale del Simbolo Sacro su quella di Gruppo, in particolare su quella delle istituzioni Sacre in ogni loro forma. Ma questo è dettato prevalentemente da una necessità contingente, derivante da come il Simbolo sia percepito nella società moderna da parte delle persone; infatti molte, non riuscendo a riappropriarsi innanzitutto dei loro Simboli personali e fondamentali, uccidono il Simbolo nella loro gnosi e si precludono l’accesso a questo linguaggio ampio e potente.

È tuttavia vero che diverse realtà filosofiche-mistiche perpetuano e vivono il rito del Simbolo, spesso con modalità anche simili. Queste modalità diventano quindi mezzo (nella forma passiva) e strumento (in quella attiva) catalizzante per gli Adepti che intraprendono tale percorso. Vi sono infatti luoghi, ancora oggi, dove la pratica è viva e si officia il Simbolo con modalità Sacre. Alcuni affermano il contrario, probabilmente non sono stati fortunati o non sono ancora pronti, dato che l’esperienza della bellezza di un quadro dipende in parte dal pittore ma in gran parte dalla sensibilità artistica dell’osservatore stesso.

Bisogna innanzitutto premettere che spesso molte correnti filosofiche e religiose si rinnovano nelle forme esteriori e a volte persino nelle loro ontologie portanti (…) e questo è sempre fonte di grandi discussioni interne. Ma a ben notare non toccano mai, invariabilmente, i loro Simboli Sacri: perché le forme vettoriali simboliche, che sono la chiave di accesso alle loro stanze più intime, devono per forza rimanere invariate. È’ la legge del Simbolo.

Cambiare il simbolo significherebbe accedere a stanze diverse, esperienze diverse e il corpo sottile si indebolirebbe inevitabilmente. Nel Sacro si possono cambiare le forme esteriori, le ritualità, modificare le strutture filosofiche, aggiornare il percorso cognitivo e il linguaggio, ma cambiare i simboli portanti significa rivolgersi ad un’energia diversa. Persino nel mondo profano, si ha percezione dell’importanza di questa cosa, quando si ha a che vedere con i loghi (nome profano di una forma simbolica) delle aziende stesse: difficilmente si cambia logo a cuor leggero…persino nel profano. E questo è dovuto al rapporto tra il simbolo e le energie sottili che sottende, come già spiegato nella seconda parte di questo percorso, dove abbiamo visto i Simboli come linguaggio della Geometria Sacra.

Ecco che capire l’importanza del Simbolo Sacro condiviso da un gruppo di persone, durante un rito in un tempio, diviene il primo passo per entrare in questa dimensione. Il rito ha una funzione pratica ben precisa nel mondo del Sacro. Nel rito i movimenti, la gestualità, il parlare o essere silenti, è preordinato nei minimi dettagli. Nulla è lasciato al caso. Questo armonizza il gruppo e silenzia il mentale a partire dal suo lato egoico. La scimmia è momentaneamente imbavagliata. In tale situazione, se i partecipanti hanno la giusta predisposizione e presenza, e gli officianti sono cardiaci e sinceramente intenzionati, la vibrazione del tempio sale e il Simbolo che viene mostrato, acquista una vita propria che impressiona in modo profondo chi ne fa esperienza.

Il Simbolo in questi contesti è sempre scelto con estrema attenzione e viene veicolato dopo la giusta preparazione, affinché la ricezione dello stesso avvenga quando l’Adepto sia nel suo momento ricettivo più intenso. In genere in tali momenti il Simbolo Sacro viene preceduto da una serie di dichiarazioni che ne presentano la forza, le caratteristiche e la valenza, sia in modo esplicito che a volte in modo allegorico. Si spiega anche perché si ha accesso a tale Simbolo e che utilizzo farne. Il Rito tratta tutti questi aspetti con profonda attenzione, esso è una rappresentazione tragica nel senso funzionale emotivo del termine, affinché l’adepto sia aperto emotivamente, interrompa la sfera razionale e abbia un’impressione psichica ed emotiva intensa del Simbolo. Questo permette di stabilire una connessione viva tra la persona e il simbolo duraturo nel tempo.

In alcuni riti, la visione del Simbolo è il momento apicale del rito e spesso dopo tale momento il rito diventa più sopito per permettere al Simbolo di decantare in profondità senza essere contaminato. È utile ricordare che tali momenti dovrebbero essere seguiti da un periodo preferibilmente di solitudine fino al successivo sonno e che il miglior modo per prepararsi sia con digiuno. Questi riti devono inoltre essere vissuti con il dovuto spazio temporale tra di loro affinché l’elaborazione del Simbolo ricevuto sia sufficientemente sedimentato e definito.

Spesso alcuni ricercatori tralasciano questo ultimo aspetto, probabilmente per una non totale comprensione della valenza temporale di un percorso così delicato che non può estraniarsi dai ritmi della natura. Questo porta a 2 effetti negativi nel rapporto coi Simboli: una potenziale profanazione del potere del Simbolo in sé e una difficoltà nell’assimilazione dei diversi Simboli in tutti i loro aspetti più sottili e sfuggenti. Il ritmo e il senso del tempo, nello studio della via Simbolica, sono fondamentali: si può rallentare se necessario o conveniente, ma non si deve mai accelerare. Questa parte del trattato sui Simboli, per chi non avvezzo alla sfera del Sacro e al suo linguaggio precipuo può forse sembrare spiazzante o di difficile comprensione.

Del resto trattare i Simboli senza uno sguardo sul loro aspetto Sacro sarebbe non solo riduttivo, ma altamente improprio in quanto è proprio nella sfera del Sacro che i Simboli trovano una delle loro maggiori espressioni e funzionalità soprattutto nella loro valenza attiva.

https://www.federicogualdi.it/il-simbolo-il-mito-la-favola/

2 𝑰𝒍 𝑺𝒊𝒎𝒃𝒐𝒍𝒐, 𝒖𝒏 𝒂𝒏𝒆𝒍𝒍𝒐 𝒕𝒓𝒂 𝒎𝒐𝒏𝒅𝒊 𝒆 𝑮𝒆𝒐𝒎𝒆𝒕𝒓𝒊𝒂 𝑺𝒂𝒄𝒓𝒂

Il simbolo è una sintesi di diverse forze fondamentali dell’universo. Interessante notare come Sintesi in senso etimologico è molto simile a Simbolo: entrambe le parole hanno la radice Syn “con” ma mentre nel Simbolo è congiunto al verbo mettere, quindi con una valenza interiorizzante, nella Sintesi è congiunto con Tesi che è un posizionare, un porre, quindi un movimento esterno. Il Simbolo unisce internamente, la Sintesi unisce con un processo esteriorizzante.

E’ importante quindi capire la relazione tra queste 2 parole nel percorso del Simbolo, dato che esso come abbiamo detto, è una sintesi di alcune forze dell’universo.

Cerchiamo di essere più espliciti.

Il Simbolo si sviluppa attraverso un segno, quasi sempre un segno geometrico, anzi per semplicità soffermiamoci essenzialmente su questa tipologia, dato che tutti gli altri simboli, astratti, operativi, convenzionali etc, sono in senso ontologico meno determinanti rispetto a quello geometrico.

Questo segno, essendo formalmente definito, è posto sotto l’influenza della geometria, ed essendo la geometria una forma determinante nelle forme dell’universo, ecco che il simbolo, nel suo segno, ci parla delle caratteristiche che sottintende nelle sue geometrie.

Bisogna parlare della Geometria Sacra per entrare in questo aspetto potente del simbolo.

La Geometria Sacra è sempre stata studiata sin dall’antichità, in occidente ad esempio nelle scuole Iniziatiche Egizie, nella scuola Pitagorica e nell’Accademia Platonica solo per citare le più antiche e famose.

Cosa è la Geometria Sacra

Senza entrare in dettagli che esulano dallo studio del simbolo, la Geometria Sacra è lo studio di come le forze costituenti l’universo modellino la forma materiale e l’energia vitale al fine di perpetuare nel mondo materiale sia la vita stessa sia l’energia intelligente nella forma più adatta possibile.

Per fare qualche esempio chiarificatore praticamente tutte le forme provenienti dalla natura, i fiori, i cristalli, i lampi, l’acqua, le onde elettromagnetiche e i sistemi solari, solo per citare alcuni, sono tutti dotati di forme e caratteristiche geometriche che ne codificano, l’origine, la funzione, l’archetipo dominante e la qualità.

La Geometria Sacra è il linguaggio sacro dell’energia che penetra nella forma in questo universo.

In essa vi è la regola mostrata in modo chiaro, codificato e logico, tanto quanto una scienza come la fisica e la chimica.

I famosi Solidi Platonici sono una parte di questo studio.

Vediamo alcune regole base della Geometria Sacra:

  1. La linea retta rappresenta il maschile
  2. La linea curva rappresenta il femminile
  3. Il frattale rappresenta l’ottava e la crescita della forma
  4. Il rapporto aureo rappresenta il rapporto di sviluppo all’interno dell’essere stesso
  5. La circonferenza rappresenta l’universo
  6. Il quadrato rappresenta il materiale e la terra
  7. I 5 solidi platonici rappresentano i 5 elementi
  8. La linea verticale rappresenta un passaggio dal materiale allo spirituale ( o viceversa)
  9. La linea orizzontale un percorso di vita o di conoscenza
  10. Un segno sovrastante è dominante
  11. Un segno a destra è maschile rispetto a quello a sinistra
  12. Un triangolo è una risultante tra 2 forze di polarità opposta. Se con la punta in su il processo è spiritualizzante, con punta in giù materializzante.

Si potrebbe continuare, ma oltre a non avere il tempo e lo spazio per trattare nel dettaglio tutte queste caratteristiche, non ritengo sia lo scopo del seguente studio.

Coloro che fanno uso dei simboli, e in particolare i creatori dei simboli sacri, magici, operativi, sono tutti persone dotte nella Geometria Sacra.

Per questo la Geometria Sacra era una parte importante degli studi misterici antichi ed era considerata esoterica, cioè da insegnarsi solo agli Iniziati.

L’Universo, con le sue leggi di creazione-mantenimento-distruzione, nella sua sfera materiale-energetica, è soggetto alle regole della Geometria Sacra, e il simbolo, come forma geometrica, è un ponte di contatto con tali forze generatrici.

Ecco che il simbolo è un linguaggio che ci permette non solo quindi di comunicare con tali forze ma anche di accedervi nella loro sfera operativa pratica.

Vediamo un esempio pratico, forse uno dei più interessanti in ambito sapienziale: il triangolo alchemico:

Ecco che in questo caso abbiamo un triangolo dove alla base abbiamo lo Zolfo a destra, il Mercurio a sinistra e al vertice, come risultato dei 2, il Sale.

Esaminiamo i simboli.

Lo Zolfo

simbolo maschile e di Fuoco, ed infatti ecco che il simbolo è fatto di linee rette (maschili) e col fuoco ( il triangolo col vertice in alto, simbolo alchemico del fuoco) sovrastante sul simbolo terrestre, la croce.

La lettura del simbolo è ora svelata: un fuoco, di caratteristiche maschile si condensa, sul materiale terrestre. Lo Zolfo rappresenta l’anima di polarità positiva (e non lo spirito come molti pensano che è di polarità femminile) che viene dal Sole, simbolo sidereo del Fuoco del maschile. Tutto torna e tutto è chiaro.

Il Mercurio

simbolo femminile e di acqua. Ecco infatti che in esso troviamo tutte linee curve sovrastanti, con un semicerchio superiore aperto e ricevente, verso l’alto, per riceve il seme del fuoco, lo Zolfo che proviene dal cielo. Il Mercurio è infatti un simbolo più terreno e materiale del fuoco dello Zolfo e ne riceve quindi il seme posizionandosi più in basso. Il secondo simbolo, sempre curvo, è un cerchio afferente ad un ventre materno in gestazione, un utero in grado di elaborare il seme e concretizzarlo in qualcosa di nuovo. Ma il cerchio rappresenta anche l’universo, cioè il campo materiale di azione dove le energie lavorano. Come sempre, il simbolo sottostante della terra, a significare che il tutto è da leggersi in chiave terrestre, e che quindi la gestazione, darà un frutto sul piano materiale. Il Mercurio, alchemicamente rappresenta lo Spirito di polarità femminile.

Ed infine il Sale

che rappresenta il figlio. L’unione dello Zolfo con il Mercurio. Ecco che nel figlio la Terra entra nel corpo del simbolo, non è più sottostante ed è circondata dal cerchio, il simbolo del Sole. In quest’ottica la Terra e il Sole sono nella loro simbiosi più semplice ad armonica. Ma vediamo lo stesso simbolo da una prospettiva simbolica differente. Troviamo nel Sale il maschile nella sua forma più semplice e potente, la croce, le 2 linee rette, 1 orizzontale e 1 verticale indice che il figlio è perfetto e bilanciato, cioè sviluppato sia sulla linea spirituale che su quella intellettuale.

E, parimenti, troviamo il femminile nella sua forma più semplice e potente, la sfera universale, simbolo che il figlio è anche femminile, perfetto e bilanciato. Ecco nel suo simbolo il figlio ci dice che oltre ad essere androgino è anche la sintesi più potente e perfetta dei suoi 2 genitori, Il Sole e la Terra. Il Sale alchemicamente afferisce al corpo di polarità neutra.

Ecco un esempio in questa triade della genesi perfetta e archetipale, raccontata nel simbolo. In esso con 3 sole forme semplici geometriche il racconto trova la sua storia, completa e raffigurata al di là del tempo dello spazio e del linguaggio, facilmente trasmissibile, memorizzabile ed anche nascosta a coloro che non possono vedere.

Tramite questa comprensione di genesi simbolica si vede come il Simbolo sia un vettore perfetto della Geometria Sacra e come la Geometria Sacra sia il linguaggio decodificatore delle caratteristiche fondanti il simbolo.

Si può arrivare a dire che Simbolo e Geometria Sacra si fondono perfettamente nel segno quando l’artefice è un iniziato in tale arte.

Questo linguaggio, non decifrabile esternamente ad una cerchia di Iniziati, è muto e intelligibile, e rimane inalterato nel tempo giungendo a noi integro e forte come nel primo giorno di questo Universo.

Una anell0 tra Mondi

Con questo linguaggio l’uomo entra in contatto con le forze generatrici dell’Universo e attraverso il diverso tipo di Geometria che attiva, trae in movimento l’energia che gli serve, e la asserve alla sua volontà e ne coglie infine i frutti. Ovviamente il solo scrivere un segno o leggerlo non è sufficiente per attivare queste forze.

Per funzionare, tra le altre cose, il percorso simbolico, nel momento attivo di creazione e in quello passivo di ricezione, deve essere vissuto in uno stato interiore particolare, soprattutto in quanto a ricettività e purezza.

Perché è solo tenendo in considerazione che il Simbolo è una chiave di accesso, ma non è l’intera porta, che si riesce a penetrare nella stanza voluta.

E questo significa avvicinarsi al simbolo appunto con la giusta preparazione.

Questo rapporto tra Geometria Sacra – Simbolo – Uomo può determinare infatti una triade che dà luogo ad un insieme di potenzialità praticamente infinite.

Diversi uomini pur conoscendo tutto quanto detto fino ad ora, si avvicinano al Simbolo con un’intelligenza prevalentemente razionale… questioni culturali e di preparazione filosofica… e questo interferisce inevitabilmente nel rapporto con l’energia che attiva le forze contenute nello stesso.

Il rapporto col Simbolo è sempre un rapporto intimo, silente, meditativo, interiore.  L’approccio razionale lascia chiuso il Simbolo e inaccessibile il suo contenuto. Di questo ne abbiamo già parlato.

L’energia viene attivata da una particolare sfera della realtà, e la comunicazione tramite la Geometria Sacra non fa eccezione da questo punto di vista.

Ecco che il Simbolo è accessibile solo con la necessaria preparazione interiore e il necessario percorso preparatore che dura anni di lavoro esteriore prima e interiore seguentemente.

Ma vediamo un altro aspetto della Geometria Sacra. Dato che tale forma di linguaggio è comune a tutto il creato, tramite tali regole, ecco che il Simbolo ci permette di entrare in contatto con tutti i punti dell’Universo. Supponiamo ad esempio che vi siano diverse sfere dimensionali. Tuttavia ogni sfera dimensionale sottostà alle stesse regole della Geometria Sacra che modella ogni cosa. Saper utilizzare i simboli ci permette quindi di creare dei ponti tra le varie sfere e mettere in accesso le energie di una vibrazione con quelle di un’altra quando normalmente per la lontananza vibrazionale, le 2 sfere dimensionali non potrebbero sovrapporsi. Il Simbolo per riflessione avvicina-richiama alcune energie simili tra le 2 dimensioni e permette quindi questo salto vibrazionale che in condizioni normale non potrebbe avvenire.

Questo utilizzo del simbolo, come ponte tra diverse sfere dimensionali, è possibile proprio grazie alla caratteristica della Geometria Sacra e al suo potere creatore indistinto in tutte le vibrazioni del creato.

Il viaggio nel Simbolo continua nelle sue diverse prospettive…

https://www.federicogualdi.it/il-simbolo-e-il-sacro/

1 𝑰𝒍 𝑺𝒊𝒎𝒃𝒐𝒍𝒐 𝑰𝒏𝒕𝒓𝒐𝒅𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒆 𝒔𝒕𝒓𝒖𝒕𝒕𝒖𝒓𝒂 𝒄𝒐𝒈𝒏𝒊𝒕𝒊𝒗𝒂


Il linguaggio si esprime attraverso infinite modalità.

Fra le possibili strade, il simbolo è uno di quelli che ha sempre affascinato, probabilmente per la sua capacità di parlare contemporaneamente su diversi livelli e per la sua predisposizione all’analogia, un metodo particolare per raggiungere la conoscenza.

Simbolo, etimologicamente significa mettere insieme, symballo.

Cosa mette insieme il simbolo?

Il simbolo accomuna, avvicina, traccia un percorso tra un segno geometrico esterno, il significante, e un contenuto concettuale interno, il significato; ma lo fa in modo diverso rispetto alla parola, che utilizza un metodo chiaro, razionale e ben regolato.

Nel simbolo, significato e significante giocano un rapporto amoroso dinamico e destrutturato, dove spesso non si capisce chi sia il padrone e chi il servitore.

Analizziamo innanzitutto il potere e la valenza del simbolo per l’uomo.

Una delle caratteristiche principali dell’uomo è la sua capacità di astrazione.

Questa capacità di strutturare ragionamenti per astrazione, in particolar modo complessi, determina una grande potenzialità creatrice nel percorso del sapere.

E il simbolo, nelle astrazioni, è strumento intellettivo attivo-attivante.

Focalizziamoci ad esempio, per vedere meglio la sua funzione nel processo cognitivo, sui concetti matematico-numerici.

In tale ambito il percorso, dalla matematica semplice alla complessa, è sicuramente molto articolato e durante il percorso si fa uso imprescindibile del simbolo… cifre, operazioni, lettere greche e tanto altro…

Tramite tutta questa gamma di simboli, non solo si concettualizza in modo sempre più profondo il mondo matematico, ma usando i simboli come base di astrazione, si ottengono nuovi concetti, sempre più complessi. Il simbolo è il mezzo principale in questa scalata verso l’alto.

E questo sia sulle proprietà quantitative (la matematica come disciplina stessa) che qualitative (le caratteristiche dei numeri in senso ontologico, come vengono ad esempio studiati nella Tetraktys di Pitagora). Tanto più i concetti sono complessi, tanto più numerosi sono i simboli e le loro valenze.

Sarebbe stato praticamente impossibile arrivare ai risultati tecnico-scientifici di oggi senza l’utilizzo dei simboli.

La struttura cognitiva del simbolo

Vediamo il primo simbolo in matematica e, tramite esso, cerchiamo di capirne il momento cognitivo.

Quando scriviamo 1, nella sua forma geometrica, ossia il segno “1”, esso ci veicola l’idea dell’unità che si vivifica in noi. ”1” cioè il segno è la prima esperienza percettiva che poi, solo in un secondo momento, tramite il nostro percorso associativo, ci porterà al concetto astratto dell’unità.

Ecco che troviamo 3 momenti chiave nella simbologia:

    1) La percezione del segno simbolico tramite i sensi

    2) Il percorso di elaborazione interno

    3) Il concetto risultante finale

Ora in questi 3 momenti, il simbolo ci parla e ci mostra diverse cose, e ad ognuno mostra spesso cose diverse.

  1. La percezione del segno

Innanzitutto vi è la percezione del simbolo parte dai sensi (vista – udito – tatto etc..), e questo dà le stesse informazioni ad ogni uomo. Il segno risulta e viene letto in modo uguale da chiunque. 

Il simbolo ha quindi un momento oggettivo per tutti in modo indistinto, dal punto di vista percettivo. E questo è fondamentale per creare una base di linguaggio comune. Il simbolo è uguale e paritario…al re e al mendicante si mostra nella stessa forma.

Questa è una premessa fondamentale per costituire un linguaggio universale ad ogni uomo, nel tempo e nello spazio. E pochi linguaggi hanno questo potere quanto il simbolo. Sicuramente ne è sprovvista la parola.

Questo ha determinato un utilizzo del simbolo per comunicare messaggi importanti, nello spazio e nel tempo sin dai tempi più remoti. Ecco che il primo punto del percorso cognitivo ha già in sé una valenza fondamentale nella comprensione della forza del simbolo.

  • Il percorso interpretativo

Col secondo momento, l’elaborazione interiore del simbolo, entriamo nel campo soggettivo e ogni coscienza codifica ed effettua un percorso interiore particolare, frutto del lavoro passato e delle idee principali che costituiscono la sua forma mentis.

Per ognuno il simbolo è fonte di risposte differenti.

Ed è nei simboli fondamentali, quelli base, come i numeri o le lettere, che la coppia significante-significato è più aperta, più rarefatta, e tale gioco crea molteplici percorsi.

Ed è qui presente molta dell’arte creativa del simbolismo.

Questa è un’altra forza del simbolo: esso sottende ad un ventaglio di possibilità così vasto, che l’interpretazione è opera puramente personale e quasi incomunicabile a livello razionale tra i vari sperimentatori.

Esso ci porta dall’ontico (contenitore, forma esteriore, apparenza) all’ontologico (contenuto, significato, conoscenza), ma in chiave soggettiva, unica.

La croce, il Tao, o l’∞ o l’occhio di Horus; a seconda delle persone, latitudini e periodi storici, troviamo significati molteplici, a volte in contraddizione tra loro, eppure tutti coerenti e sostenibili.

Il simbolo è quindi, ad un’analisi profonda, un viaggio dentro noi stessi, e in tale viaggio, l’importante non è tanto la decodifica finale, ma il processo associativo interiore.

Poiché il simbolo ci parla 2 volte: all’atto pratico ci indica un messaggio nascosto in esso, e questo ha un aspetto operativo; ma nel percorso stesso, esso si fa catalizzatore, per aiutarci a sviluppare in noi associazioni che ci parlano, a loro volta, di ciò che noi siamo come esseri e di dove ci stiamo dirigendo; e questo è l’aspetto speculativo-introspettivo.

Il simbolo quindi apre colui che lo sperimenta, lo pone in azione e lo stimola su tutti i livelli, anche quelli inconsci.

Repulsioni e attrazioni verso alcuni simboli o figure geometriche, non si spiegano se non sotto l’ottica del movimento che il simbolo stimola nel nostro essere.

È anche per questo che l’inconscio ci parla, nel sogno, tramite i simboli.

L’inconscio è arazionale per definizione, e per comunicarci, disdegna la parola, chiusa ontologicamente; ricorre invece al linguaggio simbolico, linguaggio più aperto e adatto, nelle sue forme sfuocate, a veicolare significati eterogenei e profondi.

È proprio qui, nell’inconscio, che questo secondo momento trova il suo terreno più fertile.

Perché nel sogno, se siamo pronti a guardarci interiormente, in modo neutro, possiamo cogliere il percorso che avviene nella nostra mente e come essa vesta i concetti di simboli particolari; l’aspetto interessante del sogno è il che concetto viene rivestito di un simbolo ben particolare: in funzione esattamente di come noi ragioniamo e vediamo il vissuto.

Ecco che interpretare i sogni ha non solo la valenza di dirci cosa è contenuto nel nostro inconscio, ma anche di mostrarci come noi viviamo-strutturiamo sia il mondo esterno sia il nostro io interiore.

Il simbolo, come significante, è anche un vestito protettivo per i significati.

Nella persona, se non è ancora il momento giusto per il lavoro di decodifica simbolica, in particolar modo nei sogni o nelle visioni, il messaggio ricoperto dal simbolo, in quanto vestito protettivo, rimane comunque integro, vivo e attivo, e pur restando velato a livello conscio, lavora dentro, sottoterra, portandolo comunque nel nostro cammino; il messaggio inconscio-simbolico diviene parlante e ci porta all’azione.

I simboli, tutti, non solo quelli del sogno, vanno vissuti quindi interiormente, nel tempo e nel corpo. In silenzio e con calma.

Digeriti.

Non devono essere scoperti, svelati, bruciati…per generare devono stare nell’umido della terra, come una radice; solo così possono generare continuamente infinite potenzialità.

Proprio per questo i simboli non vanno mai cristallizzati…razionalizzarli è ucciderli.

Non si deve mai cadere in questa facile tentazione.

  1. Il concetto finale

Il terzo momento del percorso simbolico è infine il concetto risultante che appare alla nostra coscienza. Esso è la risultante tra lo stimolo soggettivo e il percorso interno, ed è la nostra relazione cosciente col simbolo. Esso ci dice come noi ci poniamo rispetto ad esso e il rapporto che abbiamo con tutta la sfera che sottende.

Questo risultato può essere razionale, emotivo, animico, estetico, mnemonico, può essere una miscela di tutti questi percorsi. Qualunque esso sia, il concetto è una voce che ci dà una conoscenza diretta, passando da forma a concetto spesso senza utilizzo di sovrastrutture logiche.

E in questo ultimo passaggio il concetto viene protetto e adattato al fruitore in modo da renderlo utilizzabile e attuale al mondo del ricevente. Anche in questo, il simbolo ha una forza intrinseca unica che pochi altri linguaggi mostrano.

Da questo punto di vista il simbolo possiede un’intelligenza interiore che nessun manipolatore potrà mai scalfire. Il contenuto dentro il Simbolo è difeso, nascosto e inattaccabile. Ed è utilizzabile solo da colui che possiede la chiave corretta per aprirlo ed attivarlo. Per gli altri resterà semplice rumore di fondo, a volte persino muto, ma senza comunque mai arrecare alcun danno a coloro che non saranno pronti ad utilizzarlo.

Nel simbolo il messaggio viaggerà intatto e puro nel tempo, nello spazio e tra l’umanità in piena sicurezza, senza deturpazioni e quando sarà il momento esso mostrerà il suo frutto con la giusta forza indipendentemente che sia passato un sol giorno o infinite ere.

Del simbolo vi sono molti altri affascinanti aspetti da affrontare, come quando si ascoltano i 13 Preludi per Piano di Rachmaninoff…ognuno è interessante in sé…ma solo tutti insieme danno l’opera completa.

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