Simbolo e Mito così come Mito e Favola, sono sempre stati accomunati nella tradizione popolare e colta. Sono forme di linguaggio che hanno diversi punti in comune, ma si situano su livelli di consapevolezza diversi. Per entrare nello studio comparato di questi diversi linguaggi, potrebbe essere utile tracciare, in ordine, su un percorso analitico, le diverse forme, partendo dalla più razionale fino a quella più intuitiva.

Questo percorso non deve ovviamente essere preso in modo apodittico ma come uno fra i tanti potenziali percorsi che si possono trovare in questo esercizio. Partiamo dalla matematica pura come espressione della forma razionale-logica più pura, con un linguaggio e un’ontologia ben definita nella sua essenza. Subito in parte vi sono le scienze naturali, dalla la Fisica teorica fino alla Biologia; spostandoci ancora oltre entriamo nei linguaggi verbali con un passaggio intermedio: lo studio della logica. Oltre la logica, nei linguaggi verbali, incontriamo innanzitutto il linguaggio filosofico teoretico rigoroso che è la prima porta d’ingresso alla grande stanza della filosofia. Nel linguaggio filosofico abbiamo moltissime forme di linguaggio e se riusciamo a tenere la giusta direzione, dovremmo uscire dalla stanza della filosofia, passando per la porticina opposta alla teoretica: il misticismo. Oltre il misticismo ci confrontiamo col Mito e sua sorella Favola.

Infine, alla fine del nostro percorso ci spogliamo del linguaggio verbale nuovamente per finire nel Simbolo per concludere il percorso con l’intuizione pura che non necessita più neanche del Simbolo… Questo percorso ci mostra innanzitutto come le forme di linguaggio Mito, Favola e Simbolo siano vicine tra loro, avendo alcune modalità e caratteristiche simili mentre altre le differenziano. Studiare comparativamente queste 3 forme è interessante perché ci dà una percezione più completa della sfera del Sacro, permettendoci di comprendere meglio come ci rapportiamo ad esso e cosa esso rappresenti per noi sui diversi piani della nostra esistenza. In questo percorso dobbiamo farci delle domande. Nel percorso del ricercatore, è forse più importante riuscire a farsi le giuste domande che trovare le risposte corrette. Perché il Mito? Perché le Favole? Perché i Simboli? Entriamo nel nostro percorso…

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Ercole combatte la morte per salvare Alcesti

Mito dal greco Mythos è per Omero parola, discorso. Il Mito è un concetto sfuggente, tanto quanto il Simbolo, difficilmente circoscrivibile. L’origine, come per il simbolo, si perde nella notte dei tempi e tutte le civiltà ne hanno fatto uso da sempre e in varie valenze. L’uomo è sempre stato affascinato dai racconti, e il Mito è un racconto, che rimane impresso nella memoria, conducendo con sé, vari livelli di significato. Come vediamo ha moltissime attinenze col Simbolo, e anch’esso ha un procedimento cognitivo molto simile, come decodifica finale, a quella di del simbolo (cosa già vista nel primo capitolo). Ma la differenza maggiore è nella presenza del verbale, della parola. Il Simbolo è pura forma geometrica, è contenuto veicolato in forma pura. Un’informazione che dal segno arriva direttamente sena passaggi razionali.

Il Mito, pur con finalità e contenuti simili, è invece rivestito di un livello di linguaggio ulteriore: la parola. Ora: perché la parola? Innanzitutto il Simbolo non è un linguaggio semplice. Essendo silente come Linguaggio, va conosciuto, coltivato, interiorizzato, bisogna anche esserne partecipi cardiacamente per attivarlo. La parola è infatti normalmente, nel campo del Sacro, elemento limitante e fonte di problemi ermeneutici. Tuttavia, nel Mito questo non avviene.

Il Mito è mezzo più universale, parla a tutti, anche ai profani, attrae i curiosi e i bambini, ci prende per mano e ci accompagna, ci intrattiene, ci fa sognare, aiuta la nostra memoria e attiva naturalmente la nostra immaginazione, è una forma d’arte in sé, e alla fine rimane ierofante tanto quanto il simbolo. E, soprattutto, nel caso non ne comprendessimo il significo interno, ci lascerebbe comunque qualcosa anche a livello esterno, una favola con tutto quello che essa ci dona. E la favola, con l’aiuto della memoria e della rielaborazione nel tempo, potrebbe tornare ad essere Mito, velandosi ai nostri occhi come contenitore di altro. Il Mito è inoltre un ricollegamento col nostro senso dell’antico, con le nostre radici, sia come uomo che come cultura. Ci permette di rivedere in chiave antica i classici nodi-riti-sfide che l’uomo affronta da sempre.

L’immaginazione e la libertà rielaborativa, nella lettura del mito, lo rendono attuale e antico nello stesso modo. La coordinata temporale è presente anche se non fondamentale e questo aiuta nella decodifica poiché lo svolgersi del racconto da riferimenti chiari. Il Simbolo è invece atemporale, fisso, come una stella. Non cangiante. O lo si coglie come esso è, o lo si perde come significato profondo.

Facendo l’esempio ad esempio del mito di Prometeo che ruba il fuoco degli Dei per donarlo agli uomini, contro la volontà del re degli dei Zeus, che lo punirà per questo, troviamo l’eterno racconto della volontà di pochi eletti di portare la conoscenza “nella Verità” (e non la falsa conoscenza ottenebrante) alla gente affinché essa si affranchi del suo stato di torpore. Questo ovviamente è osteggiato dall’oligarchia divina, simboleggiata da Zeus che non vuole condividere tale dono con tutta l’umanità. E chi salverà Prometeo dalla punizione? Eracle che è l’eroe prettamente umano (per quanto semidivino), nella sua penultima fatica, i Pomi delle Esperidi.

Ecco in questo mito un esempio di come le chiavi di lettura possano essere generaliste, come quelle sopra esposte, ma possano parimenti divenire altro, più personale o più determinato a seconda delle istanze e delle persone, e questo senza snaturare il Mito in sé: il tessuto portante rimane, un eroe dà un dono divino all’uomo per affrancarlo da una sua limitatezza, è inequivocabile. Tutto questo è un percorso molto simile a quello del Simbolo nel suo percorso cognitivo. Lo stesso Mito-Significante (Segno per il Simbolo) porta attraverso il personale processo cognitivo ad un personale Messaggio-Significato.

Il Mito come, si vede da questo esempio dove sono presenti 2 eroi principali che si incontrano (Prometeo che simboleggia il Maestro ed Eracle che simboleggia l’uomo Solare), ha inoltre un’altra caratteristica importante: i personaggi dei vari miti si incontrano nei diversi racconti, formando una rete fitta di relazioni e vicende, dinamiche, storie, tali per cui ogni storia mitica ha in sé un insegnamento allegorico e morale singolo, ma andando più a fondo e studiando i miti nel loro insieme, come un corpo unico, allo studioso attento, tutta la struttura acquisisce un mondo archetipale-simbolico nel suo insieme. Questo mondo mitico può essere letto contemporaneamente da diverse prospettive, diversi livelli e dare risultati e morali sotto ogni punto di vista sia storico, che personale che morale.

Questa funzionalità tipica del sistema mitico permette allo studioso sincero e motivato, di decodificare il mito in macro-aree che lo renderanno generatore di informazioni e insegnamenti ben definiti. Cosa che sfugge al lettore del singolo mito o a colui che non ha una critica comparativa tale da fare i vari collegamenti. Da una lettura passiva-superficiale, si arriva quindi ad una lettura attiva-strutturale e quindi ad seguente un percorso ben definito dove l’Adepto non segue più il racconto e si fa trasportare da esso, ma lo collega agli altri che lo intersecano e ne fa quindi un paesaggio tridimensionale vivo e in movimento.

Visto da questo punto di vista, il mito può essere accostato ai Ching cinesi, dove ognuno dei 64 esagrammi ha un significato e un messaggio in sé, ma è solo studiando e consultando in modo composto i Ching, e conoscendo la struttura nel suo complesso che si hanno le vere risposte da parte dell’oracolo e non semplicemente delle frasi di difficile comprensione.

Rispetto al Mito, il Simbolo è invece un’entità diretta, ieratica, potente e meno vicina alla comprensione razionale. Può essere dimenticato, non notato, frainteso, non attraente…Dunque il Mito aiuta l’Adepto lontano per inclinazione al Simbolo, e soprattutto aiuta il profano, istintivamente attratto dal profondo e dal sacro, ad avvicinarsi ad Eleusi, ma in modo dolce e graduale, poiché il Simbolo Sacro sarebbe salto troppo ampio. Col Mito la persona profana comincia l’elaborazione del mistero senza spesso esserne neanche consapevole.

In questo vediamo come i Maestri passati non abbiano lasciato nulla al caso e abbiano creato per ogni situazione e ogni tipologia di persona i linguaggi migliori per trasmettere le conoscenze necessarie. Non è un caso infatti, che non solo i simboli, ma anche i miti, siano comuni e ricorrenti in tutte le culture. Contengono nomi diversi, hanno dettagli diversi, poiché questo è il loro aspetto esteriore che si adatta, ma nella sostanza, i principali miti umani sono patrimonio simile, di civiltà in civiltà, sia nel tempo che nello spazio.

Ecco che le diverse narrazioni epiche locali potrebbero essere lette, al di là della classica chiave storica, anche come un adattamento del Mito, per renderlo comprensibile e vicino alle culture storiche contingenti. Il mito inoltre, attraverso il racconto, accede anche alla sfera emotiva, e tramite l’emozione stimola l’immaginazione e quindi il potere creatore, e in tutte queste espressioni, predispone la persona al suo futuro passaggio nel Tempio.

Sposta la consapevolezza del postulante dal livello materiale profano, ad un livello che racchiude in sé diverse sfere contemporaneamente: la sfera artistica, quella di sogno, quella allegorica, la morale, l’emotiva, e in questa stimolazione apre e destruttura il razionale semplice, superficiale accompagnandolo in un terreno più profondo, denso di relazioni e oscuro come quello mistico. Studiare il Mito è rielaborare in noi stessi le antiche e uguali storie archetipali dell’uomo e dell’universo così come facevano i nostri avi. Leggere i racconti mitici o vederne le raffigurazioni è per ogni uomo dotato di una minima sensibilità di spirito, un’emozione e uno sguardo in un mondo di sogno. E per chi è predisposto, il Mito attiva un potere trascendentale molto simile al Simbolo.

Nel Mito si rivivono inconsapevolmente e interiormente i Riti e i complessi religiosi (nel senso etimologico del termine, di riunire-rilegare) della propria umanità, ma in modo dolce, con i tempi necessari, lasciando apparire ciò che può apparire, e tenendo in un secondo piano più oscuro ciò che non si è pronti ad elaborare. Nel Mito il simbolo viene umanizzato, reso parlante, agente; l’archetipo è quasi smascherato nella sua funzione e finalità attraverso la storia del Mito, ma è mascherato sotto una forma già conosciuta alla sfera razionale dell’uomo, affinché il ponte intellettuale non sia troppo ampio.

Interessante notare come, nonostante in occidente il sistema Mitologico Greco (e anche altri attigui e più antichi) sia da sempre molto presente nella cultura popolare e colta e sia inoltre ben articolato e in grado di trattare qualsiasi aspetto morale, esso, da un punto di vista religioso, non sia mai stato inglobato nelle tradizioni teologiche ufficiali fin dai tempi del primo cristianesimo.

Il Mito di origine greca, va in sonno, nelle religioni ufficiali, proprio con l’avvento del cristianesimo, argomento molto interessante ma che non abbiamo qui il tempo di approfondire. All’opposto, ad esempio nella tradizione Vedanta, il Mito è invece sempre stato mezzo di studio fondamentale, dato che i principali Poemi Epici (Ramayana e il Mahabharata, che contiene il famoso Cantico del Signore) sono una colonna fondamentale del sistema religioso indù, soprattutto per il popolo, mentre i testi sacri più complessi (i Veda e le Upanishad) sono lasciati prevalentemente ai Brahamini.

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Esopo racconta le sue favole

Parlando del Mito e del Simbolo, diviene utile analizzare anche la favola, vedremo presto perché- Anche la favola è infatti una porta verso il sacro, anche se in forma leggermente diversa.

La favola, sorella del mito, ha la sua etimologia in Fabula, Fari, parlare-narrare. Essa è quindi racconto come il mito, sono molto vicini etimologicamente. Ma a differenza di questo, il suo vestito, il suo apparire è più leggero, più fresco, più immediato e semplice. Il Linguaggio della favola e con essa quello della fiaba (che ha un carattere, nei suoi personaggi, più fantastico rispetto alla favola) è simbolico nonché allegorico e morale esattamente come il mito e usa anch’essa animali, uomini, creature fantasiose per richiamare le corrispondenti forme archetipali. Ma lo fa con un piano più destrutturato, più esplicito, più adatto a persone ancora più profane.

Possiamo dire che la favola e il mito sono sovrapposti, ma mentre il mito tende la mano al simbolo, la favola tende la mano al linguaggio comune. Ecco che la favola è anche strumento pedagogico nella crescita dei bambini. Poiché essi, sapendo intuitivamente di essere non solo corpo, necessitano e chiedono quindi cibo per lo spirito e l’intelletto sotto forma di racconto; questo cibo è adatto alla loro semplice struttura cognitiva razionale, ma contiene tutti gli altri livelli simbolici di cui necessita la psiche per nutrirsi, elaborare e strutturarsi. La favola assume 3 funzioni differenti nel passaggio all’onirico dei bambini, dato che essa viene ascoltata ed elaborata nello stato di dormiveglia e stimola quindi nel bambino

a.) l’apprendimento razionale del linguaggio verbale,

b.) l’immaginazione e la visualizzazione del racconto letterale e infine

c.) l’elaborazione del livello allegorico e morale della trama nella favola.

Queste stimolazioni simultanee sono un lavoro articolato e nuovo per il giovane apprendista e il richiamo di Orfeo è la necessaria pace dopo il faticoso percorso. Durante il sonno, nel momento subito successivo al dormiveglia, la favola diviene sogno e il sogno continua il percorso della favola stessa. Per questo spesso i bambini richiedono spesso le stesse storie prima di addormentarsi: l’elaborazione della stessa in ogni transizione al sogno, è cosa differente e ogni volta più articolata e confermata, andando a definire sempre più dettagli e livelli.

Nella Favola i simboli sono meno complessi del mito, animali, personaggi familiari, bambini o uomini semplici sono le basi portanti, a differenza del mito dove queste strutture sono molto più articolate, strutturate e necessitano di una conoscenza anteriore per seguire la storia. Eppure ciononostante, gli archetipi e le dinamiche simboliche sono ugualmente presenti con le stesse dinamiche e relazioni. I vari animali, i mestieri delle persone, i gradi parentali, le diverse forze della natura, la magia e le lotte, tutti questi simboli e molti altri, nelle favole rappresentano una chiave archetipale più facilmente leggibile e la persona comincia la codifica delle forze e delle energie nel mondo reale e personale con un percorso semplice e introduttivo.

Nelle favole di Esopo, dove gli animali sono i vettori archetipali, l’ascoltatore entra giocoforza nella comprensione degli aspetti della natura sia esterna che interiore: la volpe diviene la furbizia, il leone la forza, la capra l’ingenuità, il cane la fedeltà. E percorrere tutte queste favole in serie, permette di entrare in possesso di tutte queste forze, comprenderne le dinamiche e relazionarle fra loro.

Le favole, proprio come i Miti, ma soprattutto i Simboli, possono inoltre essere usati come tramite per tramandare informazioni e contenuti segreti, ma solo con le corrette chiavi di lettura. Vi sono infatti favolette alchemiche, che con le corrette chiavi danno acceso a ricette operative e sicuramente diverse altre favole, che sono per natura più flessibili e malleabili, rispetto al Mito, sono state create per ricordare nel tempo aspetti importanti da tenere nascosti.

Questo utilizzo della favola come contenitore segreto è simile alle tecniche di stenografia di Tritemio ed era adatto perfetto per le necessità degli alchimisti. Ecco ormai chiaro come anche nella favola che il significante è portatore di vari significati, al di là del letterale. In questo ha la stessa funzione del Simbolo e del Mito

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Chiudiamo questo argomento con uno spunto non tanto sull’aspetto ontologico di questi linguaggi, quanto sulla loro origine. Alcuni sostengono che in tempi remoti l’uomo aveva capacità mnemoniche superiori ed era in grado di ricordare tutto quanto gli servisse senza bisogno di libri. L’invenzione della scrittura è venuta in un secondo momento quando l’uomo non essendo più in grado di ricordare nello stesso modo, necessitava di un supporto materiale per non perdere le informazioni nel tempo. Sia il Mito che la Favola sono giunti a noi sotto forma di racconto, proprio come se fossero tramandati in forma orale, di generazione in generazione.

Questo fra presupporre che quindi, come linguaggi, essi si perdano nella notte dei tempi e fossero patrimonio di un’umanità antica e detentrice di un sapere più vasto e profondo. Come abbiamo visto, l’uomo, attraverso un’intelligenza “naturale”, dispone di tutta una serie di linguaggi per soddisfare il proprio bisogno di Sacro e le proprie necessità profane. Oltre al Simbolo, anche il Mito e la Favola sono una via per trovare il nostro Sacro. Ad ognuno la via che più gli si addice.

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